L’Italia pensi alle Ilaria Salis di casa sua

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Ilaria Salis (1)

Il garantismo dimostrato dall’Italia nei confronti di Ilaria Salis è pressoché stucchevole. E ribadisco il profondo sdegno nel vedere una persona incatenata come un animale. Giornalisti e politicanti dell’ultima ora, che berciano, per i soprusi perpetrati ai danni di una donna. Ma soprattutto dimenticano i politicanti – quelli molto più interessati al numero di like o ai cuoricini su Instagram che alla salute di Ilaria Salis – che nemmeno in Italia la giustizia sguazza in chiare lievi e dolci acque. Suvvia. Lontana è dal quel garantismo su cui dovrebbe ergersi uno stato di diritto. Nel 2022, pensate, in Italia, ci sono stati 547 casi di ingiuste detenzioni ed errori giudiziari, con una spesa per indennizzi e risarcimenti che supera i 37 milioni. Di che parliamo.

Zuncheddu poi, ce lo siamo dimenticati? Entrato in carcere quando di anni ne aveva 27, oggi ne ha 59. La sua vita – rubata distrutta schiavizzata rovinata – l’ha vissuta dietro le sbarre da innocente. Nessuno lo ha chiamato per, quantomeno, scusarsi. Nessuno lo ha contattato. Ricordo invece la passerella Conte-Di Maio per accogliere Silvia Romano. Ve lo ricordate? Era il 2020, l’anno del Covid. E dell’aumento dei suicidi nelle carceri che diciamo? A Verona dove è rinchiuso Turetta – scusate per il particolare di cronaca – nel giro di due mesi si sono suicidati quattro reclusi, e altri due hanno tentato di farlo. In questo primo mese del 2024, il ritmo dei suicidi in carcere in Italia è di circa uno ogni 48 ore. Perché le condizioni dei carcerati non sono esattamente così brillanti e confortevoli. Le celle poi sono sovraffollate.

Quello che magari ha difeso la sua famiglia da una rapina si ritrova nel reparto delitti sessuali – accade veramente – accanto a quello che ha stuprato la moglie. Ricordo il macellaio di Padova, Walter Onichini, la moglie era stata costretta a scrivere al garante per i diritti dei carcerati. Non vi basta? Il gioielliere di Palermo, Guido Gianni, in carcere sta morendo. È dimagrito di 50 chili. La moglie Maria Angela Distefano è disperata. E che dire poi di Chico Forti, condannato all’ergastolo in Florida. La Cedu gli ha riconosciuto il diritto di scontare la pena in Italia, ma Chico Forti non è un caso politico, quindi frega niente a nessuno. E ci siamo già dimenticati delle manette spettacolo a Enzo Tortora? Altro caso di innocenza, nonostante la condanna. E come dimenticare quella povera donna di Torino, Anna Maria Manna, finita in carcere per sbaglio. L’accusa? Una delle più terribili. Pedofilia. Correva l’anno 2000. Alcuni bambini avevano raccontato alle maestre che erano stati costretti a partecipare a dei festini a sfondo sessuale. Lei venne ingiustamente accusata per uno scambio di foto e in un fascicolo preparato dai carabinieri ai fini delle indagini finì anche la sua di immagine che nulla c’entrava con l’inchiesta.

Anna aveva 35 anni. E la foto che i militari usarono era di 17 anni prima. Chi crede che l’Italia sia il Paese dei balocchi, non sa che la giustizia qui, molte troppe volte, scherza con la vita delle persone. Perché una volta che il foglio si è macchiato, nessuno te lo smacchia, e se passa il tempo, nessuno te lo restituisce indietro. Quando la smetteremo di parlare delle tasse di Sinner – è libero di pagarle dove vuole – dei 30 chilometri orari per sentire gli uccellini, della pasta Rummo fascista, del Bandecchi di turno; ecco quando torneremo a occuparci dei problemi veri della gente, credo che l’Europa anziché dettare norme sulla portata delle faville delle grigliate per non diffondere l’inquinamento debba intervenire seriamente. Sia in Ungheria che in Italia.

Serenella Bettin, 4 febbraio 2024

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