Erano i primi anni Ottanta. Un giorno Cesare Romiti, allora CEO di Fiat, mi chiama e mi fa un discorsetto accorato. Lo ricostruisco dai miei scarni appunti di allora: “In questi ultimi anni lei ha fatto un eccellente lavoro nelle due aziende che prima ha risanato e poi riposizionato, dotandole di un conto economico e una strategia finalmente all’altezza. Una addirittura, dopo il risanamento, l’ha venduta agli americani, avendo capito (e noi con lei) che non si sarebbe salvata, senza robuste iniezioni di capitali da investire in R&D (ricerca e sviluppo), che in questo momento non disponiamo. Abbiamo ben altre priorità. Ho parlato con l’Avvocato Agnelli e abbiamo deciso di “rafforzare” l’attuale CEO di X. Come sa, l’abbiamo nominato da poco, assumendolo dall’esterno, con un curriculum tutto focalizzato sui beni di largo consumo, di certo culturalmente lontano dal nostro business, legato com’è a crisi cicliche che bisogna saper cavalcare. È stata una scommessa. GB, UQ e lei dovete, in tre ruoli chiave, supportarlo. So che siete pure amici. Ci conto”.
Gli risposi che accettavo, essendo un soldato Fiat, ma mi pareva difficile che la mossa potesse aver successo: a un vero leader non puoi imporre tre badanti di alto peso specifico in termini di deleghe, piuttosto costui si dimette. Il nostro non si dimise, il giochino non funzionò, dopo un anno fu licenziato.
Quando una quindicina d’anni fa decisi di fare il giornalista, pardon scrivere pezzi per me, che poi alcuni direttori di giornali decidevano, di volta in volta, di pubblicare o meno, capii che potevo scrivere di politica solo in un’ottica di management, unica materia che dominavo. Intuii che nel mondo del CEO capitalism dominante uno studioso di leadership come me poteva dare un contributo. Perché, stante la fragilità del modello politico, economico, culturale, le crisi si sarebbero succedute e avremmo scoperto che la politica non aveva uomini e strumenti idonei per cavalcarle. Erano uomini e strumenti fuori scala per gestire una complessità che richiedeva poca ideologia (che loro possedevano invece in eccesso) e tanta execution (che non possedevano affatto).
La decisione del Governo in carica di trasformare l’Italia in uno Zoo (a questo punto decisione sacrosanta perché obbligata) mette gli azionisti del paese Italia (noi cittadini) nel medesimo dilemma dei Vertici Fiat dell’inizio anni Ottanta: si può rafforzare dal basso una leadership o è meglio sostituirla? E se sì lo devono fare i Partiti in Parlamento o direttamente noi cittadini?