Cultura, tv e spettacoli

Lite Virzì-Ramazzotti, tipica rissa in salsa Pd

Il regista e l’attrice hanno dato in escandescenza qualche sera fa in un ristorante romano. Vizi piddini e pubbliche virtù

Paolo Virzì ha la faccia da Piddì. Com’è la faccia da Piddì? È quella di uno che della ex moglie con cui si è appena menato dice: no ma è una grande attrice, ha fatto molti film con me. Per dire l’ho creata io, e si sente così sottile, così raffinato. Così Piddì. Una faccenda fisiognomica, certo – “La faccia da comunista ce l’ha” – ma, anzitutto, un documento di coscienza. Anche la ex, dopo una rissa al ristorante di cui tutti si rinfacciano infantilmente la colpa.

Chi è questa Micaela Ramazzotti? È una in caccia di credibilità culturale e politica, che infila una serie di film col regista engagé ma subito si mette con uno che è l’esatto contrario, un culturista strabordante di muscoli e di selfie; e per ferire l’antico Pigmalione, dichiara: “Paolo ha sempre curato solo la sua immagine”. Anche lei si sente tanto articolata, tanto “hai visto come gliel’ho buttata là” ma da romana bon vivant, nel modo acculturato, ahò: non sospettano, sono piddini dentro, di mettere in scena un imbarazzo dietro l’altro, la sagra della cafonaggine per la quale il giornalista Cappellini, di Repubblica, chiosa: fatti loro, di questa storia non bisogna parlare.

Anche i piddini, ogni tanto, si vergognano, ma fanno finta di niente e si buttano sui fatti degli altri, vedi un po’ quanto è sconcia e cafonista la destra. Vizi piddini e pubbliche virtù. C’è qualcosa che cambia, nell’immaginario di sinistra piddino, e qualcosa che non cambia mai. A non cambiare i mai è quel modo vagamente bifolcoide, sgraziato ma ammantato di presunte buone maniere; a cambiare è l’apparenza, detta anche “il contesto”: al gaypride piddino la fa da regina la cantante pop Annalisa, quanto a dire il trionfo del look volgare ma sofisticato, sideralmente lontana dalle eroine della contestazione da Re Nudo e Festival d’avanguardia di mezzo secolo fa, sul sudicio egocentrico, orgogliosamente maleodoranti. Ma qualcosa rimane, come canta il De Gregori adesso in tour con l’ex “fascio” normalizzato Zalone, previa riabilitazione dal partito, si capisce. Tra le cose che non cambiano, l’opportunismo strategico, la disinvoltura morale.

Gigi Mascheroni è arrivato prima di tutti e ha detto che questa gente pare uscita da uno dei loro film. Sublime, però con un distinguo: non nella parte dei compagni sussiegosi e danarosi, questi sono caciottari loro prima di tutti gli altri. La faccia da Piddì indulge nel ridicolo e se ne ostenta. Sto in fila per le settimanali analisi del sangue e c’è una che il 68 no, ma il 77 lo ha bazzicato di sicuro, trasandata, polverosa come Virzì, molti capelli scomposti e pochi fronzoli ma molto scelti, sta seduta con noialtri tre o quattro ma a differenza nostra sfoglia rabbiosamente rapita un librettino che si è portata. Ma chi è che per dieci minuti di fila deve far vedere che lei legge, è colta, il libro come sacro graal, come la bellezza di Dostoevksji che salva il mondo? Non è da complessati, da sinistra ringhiosa ma in fondo patetica, consapevolmente? Ma non legge, il libro riposa sulle gambette comuniste e lei solfeggia ossessiva sul telefono, forse sta denunciando le storture “del sistema” anche qui, in fila per le analisi, forse va segnalando noialtri senza mascherina visto che lei ne porta una, regolamentare, chirurgica, non gli straccetti azzurrini tanto per fare, no, la ffpp2 in dotazione al perfetto follower di Speranza.

Faccia da Piddì, via succursale Fratoianni&Bonelli, è anche la Ilaria Salis che, ritemprata, torna con le provocazioni da quarantenne anarcoide: sì, ho fregato l’Aler delle case popolari, ho 90mila euro di affitto abusivo e mai pagato e me ne vanto perché al mondo ci sono le ingiustizie. Sempre la cara vecchia impunità per le vie traverse del socialismo opportunistico e sciacallesco. Dopo la deprimente rissa al ristorante forse piddino visto che si trovano casualmente tutti là, abbiamo qualche consapevolezza in più: per esempio che la invenzione dei comunisti migliori degli altri, più degni, più coerenti, di ispirazione togliattiana e berlingueriana, è un miraggio che ha fatto il suo tempo: rubavano come tutti gli altri e non per il partito, il partito se mai intascava le provvigioni; rubavano per se stessi, per l’universo consumistico che disprezzavano non avendolo ma che appena avevano si tenevano stretto.

Sì, alla prova dei fatti il tanto decantato disinteresse comunista per le faccende correnti, la passione ideale che veniva prima, si sono dissolti come meduse al sole e questa delle sirene consumistiche è la causa, neppure secondaria, di uno sbando attuale figlio dell’incoerenza secolare. Le figlie delle coppie scoppiate piddine sono un po’ piddine anche loro, arroganti e sul violento verbale almeno a sentire i racconti incrociati dei protagonisti. Non tanto diverse dalle figlie di calciatori e veline, di cantanti e veline, siccome il consumismo dei social e del divismo straccione è davvero la fine della storia, l’azzeramento delle residue differenze antropologiche e ideologiche.

All’indomani della drammatica cena, il regista piddino Virzì ha chiesto il codice rosso. Forse è preoccupato che il culturista nerboruto e sicuramente fascista gli dia una ripassata all’immagine.

Max Del Papa, 22 giugno 2024

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