Cronaca

Intervista esclusiva

“Livore e angoscia di morte: cosa c’è dietro gli stupri di Palermo”

La psicoterapeuta Maria Rita Parsi avverte: il rapporto disfunzionale tra madre e figlio è alla base della violenza

stupro Palermo

Dottoressa Maria Rita Parsi, quanto accaduto a Palermo lo scorso 7 luglio è inenarrabile. Può tracciare un profilo dei giovanissimi coinvolti nello stupro?

Considero l’abuso un costume antico quanto il mondo. Episodi del genere continuano a verificarsi in qualsiasi contesto sociale e culturale. Possiamo definire lo stupro una mostruosità – dal termine latino monstrum, che deriva a sua volta dal verbo monere. Di cosa ci stanno ammonendo questi giovani? Impotenti, pieni di rabbia e di livore, vogliono riprendersi la vita aggredendo il corpo della donna, colei che genera l’esistenza umana. Quest’ammonimento sta esacerbando a livelli mai visti. Un modus operandi arretratissimo rispetto alla civiltà di cui siamo portatori con i diritti delle donne e dei minori, la Convenzione di Istanbul, la sensibilità verso la formazione delle agenzie didattiche.

I genitori dei sette ragazzi hanno fallito la loro missione educativa. A suo avviso, esiste una correlazione tra il ruolo della madre e lo sviluppo comportamentale del figlio maschio?

La madre è la rappresentazione dell’origine, un laboratorio di vita. Durante la gravidanza riceviamo infinite comunicazioni neuro-biochimiche dalla madre, grazie alle quali il nostro essere prende forma. La nascita simboleggia la ‘cacciata’ da questa simbiosi primigenia. Credo che la volontà di eliminare la donna possa essere spiegata con la fiabica visione dell’uscita dal paradiso terrestre, narrata nell’Antico Testamento. Se nasci femmina acquisisci il corpo dell’origine. Se nasci maschio ti puoi ricongiungere al paradiso terrestre in due modi: con l’amore, recuperando il rapporto viscerale con la madre, o con l’odio, esternando un’angoscia di morte.

Cosa intende per angoscia di morte?

Come diceva Erich Fromm in Anatomia della distruttività umana, l’angoscia di morte è la matrice di tutte le angosce umane. Le difese psicologiche partono dalla consapevolezza di dipendere dalla madre prima di emanciparsi. Se questa dipendenza ha alimentato un senso di frustrazione e di fragilità nel maschio, determinerà un istinto distruttivo e di controllo. I disgraziati di Palermo diventano signori della morte. Ed è bene sottolineare un aspetto relativo alle dinamiche familiari.

Mi dica.

Se è presente un meccanismo disfunzionale a causa di una madre dispotica; se le donne reputano i figli il braccio armato della loro vendetta; se dunque ci sono disagi individuali ed episodi traumatici, sarà inevitabile un rapporto disturbatissimo con la figura femminile. È come se certi uomini facessero una richiesta di odio-risarcimento nei confronti delle donne. Le infinite manifestazioni di violenza misogina rientrano nello spettro del narcisismo maligno, che trova nelle donne nemiche delle donne un alleato del maschilismo. Queste ultime, infatti, sottomettono chi ha subito uno stupro alla fallocrazia. Quando siamo di fronte a circostanze socio-economiche svantaggiate, in poche riescono a ribellarsi alle angherie dei vili.

Il video della violenza sessuale si è diffuso in breve tempo sui social media. In che modo i mezzi telematici amplificano la gravità della vicenda?

Assistiamo ad una funzione pervasiva del virtuale. Filmare lo stupro è un atto imputabile a tre fattori: il desiderio di ricordare quanto compiuto (che verrebbe altrimenti rimosso dalla coscienza perché orrorifico), la dimostrazione della supposta impotenza della vittima e l’inconscia ricerca di punibilità. Pubblicizzare la violenza non fa altro che slatentizzare la disponibilità a commetterla in soggetti vulnerabili.

La sua attività professionale è sempre stata all’insegna dell’introspezione filosofica. Potrebbe segnalare alcuni testi utili a comprendere la natura del preoccupante fenomeno?

Invito tutti a leggere la già citata Anatomia della distruttività umana di Fromm, in cui lo studioso elenca le difese psicologiche contro l’angoscia di morte. Una difesa spirituale: morirò ma c’è un’altra vita. Una difesa demografica: morirò perché la mia progenie continuerà. Una difesa estetica: morirò ma la bellezza sopravvivrà. Una difesa ideologica: morirò ma le mie idee non periranno mai. L’ultima difesa è quella del narcisismo maligno: morirò ma morirete tutti. È la premessa delle guerre e dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, la facoltà di arrogarsi la morte.

Nel mio libro Manifesto contro il potere distruttivo aggiungo altre difese a quelle di Fromm. Una difesa riguarda l’economia delle merci: morirò ma i miei beni si perpetueranno. Una difesa è tecnologica e interessa le nuove generazioni: morirò ma il mio avatar no. Poi c’è la difesa sulla pornografia e sulla pedopornografia: morirò ma la dipendenza dalla pornografia non morirà mai. In varie opere mi sono soffermata sulla pericolosa osmosi tra digitale e menti dei giovani: Chat-ti-amo (2000), L’immaginario prigioniero (2009), Generazione H (2017).

Lorenzo Cianti, 29 agosto 2023