Economia

Lo spettro di Draghi sul governo: pure la Meloni fa austerità

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Meloni ha sostituito Draghi perché alle elezioni gli italiani hanno votato di più l’unico partito che era all’opposizione, Fratelli d’Italia. Si aspettavano – crediamo – anche scelte diverse in campo economico, rispetto al precedente governo. In economia invece il nuovo governo – stando alle ultime notizie – taglia deficit, superbonus e reddito di cittadinanza, e per le bollette mette a disposizione un terzo di quello che il governo dà in Francia e Germania e pensa solo a come va il BTP, cioè a compiacere il mercato finanziario.

Più precisamente:

  1. limita il superbonus per ristrutturazioni ed efficienza energetica (cosa che Draghi diceva di voler fare, ma in realtà poi ha lasciato andare avanti perché gli ha fatto aumentare il PIL dell’1,3%)
  2. riduce il deficit che era intorno al 5,5% nel 2022 al 3,6% nel 2023 e stanzia solo 9,5 mld + 21 miliardi nel 2023 per le bollette
  3. toglie il reddito di cittadinanza tra sei mesi a circa 60mila persone
  4.  aumenta di fatto il cuneo fiscale per i dipendenti con un costo di circa 1 miliardo per loro
  5. defiscalizza 2mila euro e rotti di benefits, lasciando la responsabilità alle aziende di trasferire il beneficio ai dipendenti
  6. offre un BTP che paga il 9% di rendimento (quelli attuali danno un 3,9% per un decennale)
  7. aumenta (forse) le pensioni del 7% per l’inflazione

In pratica il governo lascia che i lavoratori e le imprese vengano colpiti dall’inflazione, ora al 12%, la più alta o quasi del mondo, fa austerità e privilegia la rendita, finanziaria (e forse pensionistica). Perché chi ha soldi riceve il 9% sui BTP per compensare l’inflazione e chi lavora no? A chi è in pensione (forse) viene rivalutata di un 7%, ma ai lavoratori quasi niente, anzi perdono persino qualcosa sul cuneo? 

Per le fasce medio basse di reddito l’inflazione, che è tutta sull’energia e alimentari oltre che costi di ristrutturazione e edilizia, è in realtà già sul 20%. In America e nel Nord Europa si vedono aumenti salariali consistenti, si stanziano 200 miliardi per le bollette in Germania e 100 miliardi circa in Francia e si nazionalizza e regolamenta il mercato “libero” dell’energia.

In Italia si limita il “superbonus”, che ha creato circa 60 miliardi di Pil nell’edilizia (anche se disegnato male, con il “bonus facciate” ad esempio), si elimina in larga parte entro sei mesi il reddito di cittadinanza. E non lo si sostituisce con altre misure di stimolo economico. “Superbonus” e reddito di cittadinanza sono senza dubbio criticabili, ma il primo ha creato un boom nell’edilizia dopo 13 anni di depressione del settore e il secondo ha sostenuto il reddito di fasce povere nel Mezzogiorno.  È meglio che geometri, muratori, ingegneri edili e tecnici lavorino o che chi ha soldi riceva il 9% sui BTP indicizzati?  È meglio sostenere le imprese come fanno in Germania o Francia, di fronte all’esplosione del costo di gas e elettricità, o lasciarle chiudere o ridurre l’attività? 

Se questa politica di austerità a favore della rendita (del mercato finanziario in sostanza) l’avesse fatta Monti e Draghi con il PD si comprenderebbe il perché. Ma Meloni è passata dal 4% di otto anni al 28% di oggi proprio perché i governi targati PD e con tecnici che vengono da Bankitalia o Bce hanno stancato la maggioranza degli italiani.

L’inflazione è al 12%, e per energia e alimentari è oltre il 20%, per cui il tenore di vita dei lavoratori, che non hanno in Italia nessun aumento salariale né taglio del cuneo fiscale (anzi ora un piccolo aumento!), viene falcidiato. L’aumento di inflazione va a beneficio di produttori esteri e anche di alcuni settori di imprese italiane. Nell’insieme però come conseguenza ci sarà un calo di spesa generale e quindi recessione. Anche perché intanto le imprese oppresse dai costi dell’energia stanno già riducendo l’attività in diversi settori. Se in questa situazione si riduce il deficit di oltre 30 miliardi la recessione sarà inevitabile.

Qui si parla per un mese di un barcone di clandestini che forse sbarcano tutti o forse non sbarcano tutti. Intanto – e nessuno ne parla – il reddito viene redistribuito pesantemente a svantaggio dei lavoratori, che in Italia da trenta anni non hanno visto nessun aumento di reddito, a differenza del resto del mondo industriale. Come dimostra l’esodo all’estero dei giovani, che con i 1.200 euro al mese che trovano in Italia, al Nord, faticano a pagare l’affitto e vivere ed emigrano. (Possiamo confermare per esperienza diretta). E grazie anche ai lockdown c’è ora un crollo demografico ulteriore per cui gli italiani si riducono di quasi 300mila all’anno. 

C’è un’emergenza economica e sociale che tra un poco scoppierà con l’arrivo del freddo e di bollette triplicate e con una recessione imminente, che è già arrivata in UK, dove il governo almeno riconosce che è inevitabile. Solo da noi si finge che ci sarà crescita nel 2023. L’Italia è stata indebolita anche dai due anni di lockdown tra i più stretti al mondo e ora con l’inflazione più alta del mondo industriale, tassi che aumentano e BCE che smette di pompare miliardi sta andando a sbattere. Bisogna finanziare diversamente lo Stato, come abbiamo spiegato nell’ultimo articolo, che può fare una politica espansiva, con deficit dell’8% per sostenere le aziende e i lavoratori. 

L’ Italia ha bisogno di una crescita stabile e questa la si può ottenere solo con investimenti pubblici produttivi. A questo il governo dovrebbe pensare. Il neoliberalismo è stato l’errore della sinistra, il rischio è che ora diventi l’errore della destra.  

Paolo Becchi e Giovanni Zibordi, 21 novembre 2022