Economia

Lo spread formato mannaia: con Draghi era peggio (ma tutti zitti)

Lo spread ha chiuso a 194 punti base, in salita rispetto alle ultime settimane. Tutti contro Meloni, ma un anno fa…

Si è tornati a parlare di spread, la mannaia che dodici anni fa condannò il governo di Silvio Berlusconi. L’ultimo esecutivo prima di una lunga serie di tecnici e larghe intese, che verrà spezzata solo dopo il trionfo del centrodestra alle elezioni del settembre 2022. Ebbene, nelle ultime settimane, il valore dello spread Btp è ritornato a crescere, fino a toccare proprio ieri la soglia massima di 194 punti base.

Sale lo spread

Un incremento che ha sempre preoccupato gli addetti ai lavori a Palazzo Chigi, visto che il principale effetto dell’aumento vertiginoso dello spread è il conseguente incremento del debito pubblico italiano, che già sfora ampiamente i parametri imposti dal Trattato di Maastricht del 1992. A ciò, si aggiunge ovviamente il fatto che a risentirne maggiormente sono anche i tassi di interessi sui mutui e sui prestiti, diventando più difficile accedere al credito ed acquistare un prodotto a rate.

Insomma, uno scenario che Roma ha ben conosciuto con Silvio Berlusconi al governo, appunto. E che ora Giorgia Meloni vuole scongiurare in qualsiasi modo. Proprio ieri sera, il Presidente del Consiglio è intervenuta sulla questione, garantendo che l’Italia rimane comunque un “Paese solido” con “una previsione di crescita superiore alla media europea per il prossimo anno”. Anzi, “questa preoccupazione – ha proseguito la leader di Fratelli d’Italia – la vedo soprattutto nei desideri di chi come sempre immagina che un governo democraticamente eletto, che fa il suo lavoro, che ha una maggioranza forte e stabilità, debba andare a casa. Mi diverte il dibattito, temo che questa speranza non si trasformerà in realtà”.

Perché non è un pericolo

Una chiara frecciata a coloro che hanno cercato, sin da subito, di togliere dall’armadio gli scheletri di un potenziale esecutivo tecnico, necessario per poter risistemare i malsani conti pubblici italiani. Ma facciamo passo indietro: la situazione è veramente così preoccupante? Se andiamo a vedere l’andamento dello spread dell’ultimo anno, la risposta è chiaramente no.

Per approfondire:

Come già detto, attualmente, il valore si è stabilito a 194 punti base. Nonostante tutto, ancora prima del trionfo del centrodestra alle elezioni, i numeri erano ben più alti rispetto a quelli imputati oggi a Giorgia Meloni. Esattamente un anno fa, infatti, lo spread si attestava a 243 punti base ed a Palazzo Chigi c’era Mario Draghi, sicuramente non un pericoloso “facinoroso” di destra, sovranista ed anti-europeista. Per la precisione: tra giugno e luglio del 2022, tra i rendimenti dei Btp e quelli dei Bund c’erano ben oltre i 200 punti con un massimo di 246 il 13 giugno e fermandosi a 237 punti il 21 luglio, data della fine del governo su Supermario. Ben peggio di ora.

Eppure, rimane sempre un margine di doppiopesismo mediatico, che applica costantemente il metodo dei due pesi e delle due misure. Se lo spread non rappresentava un pericolo in epoca Draghi (nonostante fosse quasi 50 punti base superiore rispetto a quello attuale), lo è invece durante il governo di Giorgia Meloni, denotando per l’ennesima volta che si tratta di analisi non tanto economiche ed oggettive, ma soprattutto politicamente orientate. Esatto, c’è chi vorrebbe un governo tecnico. Peccato per loro che, per ora, l’esecutivo rimane più solido che mai.

Matteo Milanesi, 30 settembre 2023