Non è senza significato che negli ultimi due anni uno degli studiosi più letti sia proprio Giorgio Agamben, che è un filosofo di statura internazionale che da decenni riflette sul rapporto tra diritto e potere, tra ordinamento e “stato di eccezione”. E non è un caso che proprio questo pensatore abbia potuto scrivere sul “Manifesto” solo un articolo nella fase iniziale dell’epidemia, non trovando più spazio in seguito, e che un pezzo espressamente commissionatogli dal “Corriere della Sera” non sia mai stato pubblicato (quell’articolo si può leggere, comunque, nel volumetto A che punto siamo?, edito da Quodlibet).
Lo stato di emergenza perenne
Fin dall’inizio Agamben ha richiamato l’attenzione su come ogni nostra libertà sia a rischio entro un quadro segnato dalla possibilità, per chi dispone del potere, di definire in maniera del tutto arbitraria ciò che si deve fare e ciò che non si può fare. D’altra parte, ancor prima che l’epidemia iniziasse a colpire la popolazione – soprattutto a causa dello sfacelo della sanità di Stato (con responsabilità che ormai sono abbastanza chiare e riguardano i governi centrali e quelli regionali, l’Oms e il ministero della sanità, e via dicendo) – in Italia è stato introdotto uno stato di emergenza che ha permesso all’esecutivo di muoversi con assoluta libertà, evitando una serie di paletti.
Ora Mario Draghi si trova di fronte a un bivio: può prorogare lo stato di emergenza , oppure no. Al momento non è possibile sapere quale sarà la scelta adottata, ma qualche considerazione la si può già fare.
Ormai il governo può fare tutto
Il diritto vive soprattutto del rapporto tra consociati e regole, tra relazioni interpersonali e istituzioni, e oggi probabilmente per coloro che dispongono di noi e della nostra vita non c’è più alcuna necessità di prolungare lo stato di emergenza. La ragione sta nel fatto che due anni di decretazioni schizofrenica e a getto continuo hanno ormai sconvolto la percezione del diritto che hanno gli italiani. A questo punto, non c’è nemmeno più bisogno della copertura formale dello stato di emergenza per fare strame ogni giorno che passa di qualsiasi libertà e diritto.
Lo stato di emergenza è stato molto utile, a quanti ci governano, per poter condurci entro un universo segnato da una decretazione a getto continuo: illiberale, arbitraria, umiliante, discriminatoria. E ora gli italiani sembrano aver perso ogni minima idea di quelle che dovrebbero essere le garanzie che, in una società libera, devono proteggere i singoli e le comunità volontarie, le minoranze e soprattutto la più piccola delle minoranze: l’individuo. A questo punto non c’è nemmeno più bisogno, allora, di trovare all’interno dell’ordinamento l’escamotage dello stato di emergenza per pianificare dall’alto l’esistenza di tutti.