L'omicidio efferato

Lo “Stato patriarcale” non c’entra nulla. La sorella di Giulia sbaglia

Lo sfogo di Elena Cecchettin, sorella della giovane vittima, è comprensibile. Ma la stampa non dovrebbe cavalcare il suo dolore e i post su Salvini

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Elena Cecchettin Giulia Salvini

Dopo l’atroce scoperta del corpo della povera Giulia Cecchettin, la sorella Elena ha dato sfogo a tutta la sua rabbia postando sui social un lungo e argomentato messaggio. Messaggio che è stato ripreso da gran parte della stampa nazionale. Questo uno dei passaggi salienti del suo pensiero: “Giulia Cecchettin, 22 anni, 103esima vittima del 2023 dello Stato patriarcale italiano, della violenza maschile. Non c’è un solo posto dove puoi essere al sicuro come donna in Italia, non ci sono uomini di cui ti puoi fidare. Una donna ogni 72 ore, amministrazione quotidiana per uno Stato fallito, incapace di proteggere le sue figlie, che non vuole educare i suoi figli”.

Ora, dato il drammatico momento che questa ragazza sta passando per aver perso l’amata sorella, personalmente non mi sento di biasimare in alcun modo il suo più che comprensibile sfogo. Uno sfogo che deriva da una lunga, terribile sensazione di impotenza e di crescente angoscia, culminata nel modo più tragico.

In questo senso, speriamo e confidiamo nel buon senso della politica e delle sue grancasse mediatiche, con particolare riferimento alle forze di opposizione, affinché non si utilizzi il dolore di questa ragazza in modo assolutamente strumentale.
Cosa che, come ho già avuto modo di scrivere su queste pagine, è già avvenuto con la surreale proposta della segretaria del Pd di istituire nelle scuole italiane una sorta di educazione sentimentale, così come recita il titolo di un celebre romanzo di Gustave Flaubert.

D’altro canto, ne abbiamo avuto una formidabile prova durante la pandemia, la sinistra italiana è veramente fenomenale nel creare emergenze o, come in questo caso, ad ingigantirne a dismisura la portata. E sebbene il Tg3, notiziario del servizio pubblico di riferimento, a giorni alterni ci ricorda la strage di donne uccise in ambito familiare – nel 2023 abbiamo da poco superato le 100 vittime, grosso modo in linea con gli anni precedenti -, quest’ultimo si guarda bene dal realizzare un confronto statistico con gli altri Paesi europei. Così, tanto per farsi una idea su ciò che accade al di fuori di un Paese governato dalla solita destra, sporca, brutta e cattiva.

Ebbene, così come abbiamo fatto durante la pandemia, siamo andati a scandagliare i soliti numeri molto antipatici, soprattutto per chi usa la demagogia emergenziale, e li abbiamo analizzati e raffrontati. In estrema sintesi, da questa breve indagine è emerso, con dati riferiti al 2020, che la media dei femminicidi in Europa era di 0,66 per ogni 100.000 abitanti, contro lo 0,38 dell’Italia “patriarcale”. Ma non basta. Tra i quindici Stati che hanno fornito i dati, il nostro Paese si trova in fondo all’elenco, al quartultimo posto, vicinissimo in termini reali agli Stati con meno femminicidi in rapporto alla popolazione.

Basti dire che la Lettonia, in testa a questa ben poco lusinghiera classifica, registra un numero relativo di quasi sei volte superiore a quello italiano. Importanti e prestigiosi Paesi, tra cui Francia, Germania, Austria e Olanda, si trovano ampiamente sopra l’Italia, sebbene non sembra che in quelle lande l’argomento venga utilizzato come strumento di lotta politica.

D’altro canto, tornando alla tragica morte della povera Giulia, nessuno deve sentirsi responsabile di ciò che è accaduto se non chi ha deliberatamente cagionato il suo omicidio. E se lo abbia fatto in base ad un piano deliberato o rispondendo ad un impulso di rabbia incontrollata, poco importa, ahinoi. Come scrisse il grande Sigmund Freud, “la civiltà si basa sul contenimento dei moti istintivi, a tutto vantaggio della società”. Ebbene, chiunque, anche solo per un attimo, libera tali istinti indirizzandoli contro un altro essere umano, in questo caso contro una esile e gentile giovane donna, si pone automaticamente fuori dal consorzio civile. Non credo che ci sia altro da dire.

Claudio Romiti, 19 novembre 2023

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