Lo strano negazionismo dei fan del green pass

Molti negano la valenza liberticida del lasciapassare, è il dogma dominante ai temi del virus

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Ho trovato l’ultima puntata di Quarta Repubblica, soprattutto in merito al dibattito sul green pass, estremamente istruttiva per un incallito aperturista come il sottoscritto. In particolare sono rimasto molto impressionato dalla olimpica tranquillità con la quale un ragazzo intelligente e arguto come Tommaso Labate ha recisamente negato che l’inquietante lasciapassare sanitario costituisca una limitazione della libertà. “Zero limitazione”, ha ribadito più volte il popolare giornalista, arrivando a considerare una manifestazione gioiosa quella di poter esibire il certificato verde ogniqualvolta sia richiesto.

E sebbene la posizione di Labate non sia dissimile da quella di tantissimi altri suoi colleghi, il fatto che egli non abbia voluto concedere neppure il beneficio del dubbio a chi, con argomenti più che ragionevoli, esprimeva dissenso nei riguardi di un simile strumento coercitivo rappresenta un pessimo segnale per la nostra traballante democrazia. Ciò significa che, a prescindere dal proprio orientamento politico e culturale, quando persone avvertite e influenti come Labate arrivano a negare in radice una realtà che parla da sola, ossia la valenza liberticida del green pass, siamo entrati con tutte le scarpe in una forma strisciante di totalitarismo da cui sarà difficile uscirne senza ulteriori danni.

D’altro canto il medesimo totalitarismo, che fa rima con integralismo, è assai diverso da una dittatura, in cui i più sono indotti a rispettarne le ferree regole più per paura che per intima convinzione. Il totalitarismo, al contrario, si sviluppa nell’ambito di una società quando in essa, per i più disparati motivi, tende a prevalere un unico pensiero, un unico punto di vista e un unico approccio nei riguardi di una questione considerata di vitale importanza, come per l’appunto una pandemia descritta più letale della peste bubbonica.

In una simile condizione, che alcuni popoli del pianeta ancora sperimentano, più o meno duramente, prevale una spinta verso una, per l’appunto, totalizzante ortodossia, nella quale non vi è spazio per il dissenso e per chi intenda manifestarlo nelle sue civili forme democratiche. Ed in questo contesto prevale, anche in molti individui dotati di spiccato senso critico, come l’ottimo Labate, un impressionante conformismo con cui si tende a negare qualsiasi elemento che possa mettere in discussione il dogma dominante.

D’altro canto vorrei ricordare, anche a beneficio delle generazioni che avvertono appena il riverbero dei totalitarismi del novecento, che un analogo, gioioso entusiasmo è ancora possibile osservare negli orrendi film di propaganda del regime stalinista, analogamente a quelli cinesi del periodo maoista, in cui eserciti di poveri disgraziati marciavano compatti e sorridenti, cantando e inneggiando ai loro idoli di partito. Ovviamente in Italia siamo ancora ben lontani da simili scenari ma, come si suol dire, all’inferno si finisce a piccoli passi e noi, sempre gioiosamente, alcuni li abbiamo già compiuti attraverso quella cosa agghiacciante che definiscono nuova normalità.

Claudio Romiti, 9 febbraio 2022

 

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