“Lo trovo surreale”. Adesso il papà di Ilaria Salis attacca Meloni

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ilaria salis

Non c’è pace per Roberto Salis, e lo si può capire. Non è facile ritrovarsi propria figlia in carcere in un Paese straniero, detenuta da 13 mesi in via preventiva, accusata di un reato grave col rischio di passare mezza vita dietro le sbarre nello Stato di Orban.

Ieri il papà di Ilaria Salis aveva già spedito un segnale molto chiaro a Elly Schlein e al Pd facendo notare a chi intendesse candidare l’attivista che l’ipotesi può essere presa in considerazione solo se si tratta di una manovra credibile e se verrà eletta, cioè piazzata in alto nelle liste, altrimenti rischierebbe di essere “massacrata” in carcere. Oggi Roberto è tornato a parlare, stavolta al Foglio. Ci va giù duro con il Pd che avrebbe dovuto “gestire meglio” l’ipotesi di candidatura, evitando di far uscire l’informazione prima che “tutti fosse allineati” e di far scatenare “un dibattito interno fra le correnti sulla pelle di Ilaria”. Insomma: queste cose “non si costruiscono così”.

Ma è contro Giorgia Meloni che il padre di Ilaria scatena tutto il suo risentimento. La colpa del premier? Non aver risposto alle sue lettere via pec e non aver proferito parola sul destino della Salis. “Spero vivamente che stia trattando in silenzio, me lo auguro con tutte le mie forze – dice Roberto – Finora però questo silenzio non ha portato miglioramenti, anzi”. L’udienza che poteva portare ai domiciliari in Ungheria si è rivelata un disastro, con la richiesta dei legali respinta dal giudice secondo cui perdura il pericolo di fuga. Il risentimento verso il premier è evidente. Il papà di Ilaria Salis e Meloni non si sono mai sentiti, neanche per messaggio. “Io ho parlato con i ministri Tajani e Nordio e con il presidente del Senato La Russa”, spiega Roberto. Che poi attacca: “Credo che la premier è naturale che possa avere delle cose più importanti da fare, ma che non abbia nel suo staff una persona per incontrarmi lo trovo surreale”.

Secondo Roberto una soluzione potrebbe esserci. Attendere le elezioni europee, permettere a Orban di mostrarsi duro nei confronti degli antifascisti, evitare di essere attaccato dalla destra ungherese e – passato il clamore elettorale – mollare la presa sulla detenuta. “La premier, che è leader dei Conservatori, potrebbe dirgli: ti faccio entrare nella nostra famiglia, ma adesso fai tu una cosa per noi”. Do ut des. È chiaro che ormai la collaborazione Salis-governo sembra ai minimi termini. Quando Roberto afferma che “mia figlia viene condotta in catene in aula e qui un governo autorevole può porre fine a questo scempio”, sembra voler dire che l’esecutivo autorevole non lo è affatto. “Mia figlia è in carcere da 13 mesi, e per 10 di questi su di lei non è stato detto nulla – attacca – Tajani dovrebbe spiegare cosa ha fatto in tutto quel tempo invece di dire di abbassare i toni”. Piccolo particolare: come ricordato dai giudici di Budapest a Quarta Repubblica, il governo ungherese non può intervenire su un processo in corso. Figuriamoci quello italiano.

Franco Lodige, 3 aprile 2024

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