A un anno di distanza dall’inizio della guerra in Ucraina, l’Occidente ha ribadito il proprio sostegno, sia economico che militare, al governo Zelensky. Prima, 48 ore fa, con la visita a sorpresa di Joe Biden a Kiev, che prima di recarsi in Polonia – tra gli alleati cruciali degli Usa in funzione anti-russa – ha incontrato e rinnovato personalmente il proprio aiuto al leader ucraino. Nella giornata di ieri, invece, è stato il turno di Giorgia Meloni, anch’essa nella capitale dello Stato aggredito dopo aver visitato Bucha e Irpin.
“Ho ribadito il pieno sostegno dell’Italia di fronte all’aggressione Russa, l’Italia non intende tentennare e non lo farà. È passato quasi un anno dal giorno che ha riportato le lancette della storia indietro di qualche decennio, l’invasione sarebbe dovuta durare qualche giorno, ma non è andata così perché è stata sottovalutata l’eroica reazione di una nazione disposta a tutto per difendere la sua libertà, identità e sovranità”, ha affermato la premier durante la conferenza con Zelensky, dopo aver difeso l’alleato di governo, Silvio Berlusconi, dalla frecciata del leader ucraino. Quest’ultimo, infatti, ha risposto alle recenti dichiarazioni del capo di Forza Italia, il quale aveva attribuito a Zelensky lo scoppio della guerra in Donbass. La risposta del presidente ucraino è stata tranchant: “Evidentemente a Berlusconi non hanno mai bombardato la casa”. Al che, Giorgia Meloni è intervenuta, rinnovando il sostegno all’Ucraina perché “contano le parole e non i fatti”.
Nel corso dell’incontro, il Presidente del Consiglio ha lanciato anche una proposta di ricostruzione dello Stato invaso, invitando gli Stati occidentali ad una conferenza sul tema il prossimo aprile. L’obiettivo sarebbe quello di riprendere la conferenza di Lugano, tenutasi lo scorso 4-5 luglio 2022, in cui i leader dell’alleanza atlantica delinearono quale sarebbe stato il ruolo dei rispettivi Paesi membri nella ricostruzione dell’Ucraina.
Per approfondire:
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Alla Germania, per esempio, spetterebbe la ricostruzione di una delle regioni meno toccate dalla guerra, ovvero quella di Chernihiv; alla Francia la città di Odessa, mentre alla Svizzera l’intera regione. Il territorio di Kharkiv, invece, sarebbe di competenza americana; quello di Kiev del Regno Unito; mentre Svezia e Finlandia sarebbero competenti nel Lugansk. Per quanto riguarda il territorio più acceso del conflitto, ovvero la regione di Donetsk, la cui gran parte è sotto controllo delle forze russe, spetterebbe direttamente all’Italia e alla Polonia. Una posizione, quindi, di netto svantaggio rispetto a quella privilegiata di Berlino.
Meloni vorrebbe ribaltare questo scenario, offrendo al Belpaese il ritorno di un ruolo da protagonista insieme ai big europei, senza essere relegata quindi in seconda fila. Una sensazione, quest’ultima, che però si è già avuta nella conferenza tenutasi a Parigi tra Macron, Scholz e Zelensky, durante il tour europeo del leader ucraino. Giorgia Meloni venne deliberatamente esclusa, anche se il premier italiano non le lasciò mandare a dire, specificando come il comportamento di Francia e Germania ha rischiato di minare l’unità europea. Per l’Italia, invece, ci fu spazio solo per un incontro con il capo di Kiev a margine del Consiglio Europeo, svoltosi il giorno dopo la discussa mossa di Berlino e Parigi.
A ciò, si aggiungerebbe il problema dell’occupazione russa, che oggi non pare poter essere scalfita dalle forze di resistenza ucraine a Donetsk. Essendo il territorio più cocente da ben nove anni, rappresenterà anche la regione i cui costi saranno estremamente superiori rispetto alle altre zone dell’Ucraina. E il groppone spetterà a Roma e Varsavia. Una vera e propria patata bollente, che Macron e Scholz hanno cercato di scaricare sugli altri leader europei. Insomma, un ruolo ben diverso da quello di primo piano che Francia e Germania hanno avuto in Ucraina. Almeno come sostenne il presidente francese dopo la visita di Zelensky a Parigi. La sensazione, invece, è quella di un vero e proprio scaricabarile.
Matteo Milanesi, 22 febbraio 2023