Intervenendo su La7 in merito allo scherzo telefonico, pubblicato con grande ritardo dai “comici” russi, ai danni della premier Meloni, Roberto Arditti ha espresso un’altra pillola di saggezza a difesa del sempre più bistrattato Occidente democratico.
“Il presidente del Consiglio – ha esordito l’ex direttore del Tempo – stava facendo una conversazione ufficiale, dal suo punto di vista. Quindi quello che ha detto in quella telefonata è una posizione talmente sincera da essere trasmessa ad un interlocutore internazionale molto importante. Questo tema della stanchezza è secondo me centrale nel ragionamento che dobbiamo fare. Ci ricordiamo di un signore che si chiamava Prigozhin? Un signore che nel nostro dibattito occidentale abbiamo dipinto per alcune settimane come una specie di rivale di Putin, in grado di prenderne il posto o, comunque, di creare attorno alla propria persona nuovi equilibri e consenso. Dov’è ora Prigozhin? Ora, noi continuiamo a non comprendere che le vicende come quelle di una guerra, discendente dall’invasione russa dell’Ucraina, mentre in Occidente, nei sistemi democratici, come la presidente Meloni di fatto ammette, dopo un po’ crea stanchezza (e lo dice il capo del governo in una conversazione – almeno così credeva che fosse – non in pizzeria con gli amici); nei regimi autoritari queste dinamiche rafforzano il potere, nella quasi totalità dei casi. Perché – e qui Arditti coglie un aspetto che tante anime belle sembrano non comprendere affatto – la presenza di un nemico esterno è quello che i regimi totalitari cercano costantemente per aiutare il mantenimento del controllo della situazione al loro interno“.
Ebbene, quest’ultimo aspetto, che si può benissimo legare all’attuale guerra in Medio Oriente scatenata dai terroristi di Hamas, ci offre una chiave di lettura molto più pragmatica rispetto alle roboanti narrazioni su un ipotetico conflitto di civiltà tra, ad esempio, la cultura islamica e quella occidentale.
In realtà, sebbene nel mondo musulmano siano presenti nel complesso differenze anche abissali rispetto alla libertà ed alla tolleranza, non solo interreligiosa, presente nelle nostre democrazie, è probabile che la stessa lotta contro il mondo dei cosiddetti infedeli rappresenti molto spesso uno strumento proprio per rafforzare il potere di chi lo detiene in modo autoritario.
L’Iran, che è considerato il più potente alleato di Hamas, che ricordiamo ha come ragione sociale quella di distruggere il popolo ebraico, ha da tempo riconosciuto la minoranza ebraica del Paese – che per la cronaca rappresenta la principale comunità ebraica mediorientale dopo Israele -, assegnandole addirittura un seggio in Parlamento. Come ha ricordato Edward Luttwak nel corso di una recente puntata di Stasera Italia, in Iran sono attive molte scuole ebraiche in cui, ovviamente, non si insegna certamente il Corano.
Pertanto, anche nel caso del regime degli ayatollah, analogamente a mio avviso per quello russo, la guerra in atto contro Israele non ha solo l’obiettivo di facciata, ovvero quello di cacciare gli ebrei dalla Palestina, bensì essa ancora una volta tende a rafforzare, come coglie sagacemente Arditti, un potere interno che in Iran è sempre più messo in discussione non certamente da un Occidente dalle armi spuntate, bensì dalla pressione esercita da quella cosiddetta modernità la quale, che ci piaccia o no, avanza veloce e incontrollata in ogni angolo della società umana, soprattutto dopo l’avvento di internet.
Claudio Romiti, 3 novembre 2023