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L’odio social contro i ristoratori che protestano

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Oggi l’odio social si scaglia contro i baristi e ristoratori che l’altra sera hanno aperto per sottolineare il diritto al lavoro, come se fosse colpa loro la situazione che sta vivendo l’Italia. Invece di esprimere solidarietà e vicinanza a decine di migliaia di persone sull’orlo del lastrico, c’è chi preferisce scaricare la colpa sul nemico di turno (ieri il runner e i giovani, oggi i ristoratori) e non sulle disastrose politiche del governo.

La questione non si limita alla protesta #ioapro1501 ma è ben più ampia e riguarda un modus operandi e una mentalità purtroppo diffusa. Se da un punto di vista sanitario il tentativo è quello di scaricare la colpa sui cittadini per l’aumento dei contagi, economicamente si cerca di mascherare l’assenza di una seria politica economica prendendosela con i ristoratori e i baristi. Come se non bastassero il fatto che si tratta di alcune delle categorie più colpite dalla crisi e il clima di instabilità con continui cambi di regole e l’impossibilità di svolgere il proprio lavoro (che non dimentichiamoci essere un diritto costituzionale), i ristoratori vengono addirittura attaccati per aver fatto sentire la propria voce. Si era detto che la pandemia avrebbe sviluppato un maggior senso di solidarietà, in realtà ha acuito le divisioni con una parte del Paese che non riesce a immedesimarsi nella condizione di commercianti, piccoli imprenditori, ristoratori, parrucchieri, titolari di palestre che non sanno più come andare avanti.

Al di là o meno del fatto che si condividano le forme e le modalità della protesta, servirebbe maggiore comprensione ed empatia con chi rischia di chiudere per sempre. Il grido d’allarme lanciato da Confcommercio, con 390.000 imprese che hanno cessato la propria attività lo scorso anno, sembra essere ignorato da chi non comprende che, nel momento in cui si entra in una recessione così grave e persistente, non esistono garantiti e non garantiti ma si è tutti parte di uno stesso sistema che rischia di saltare. A maggior ragione perché dietro un imprenditore ci sono i lavoratori, camerieri, cuochi, fornitori, per citare solo il settore della ristorazione, centinaia di migliaia di persone che rischiano di rimanere senza lavoro e che non sono più in grado di resistere a nuove chiusure e ulteriori zone rosse.

Francesco Giubilei, 17 gennaio 2021