Come si nota i fattori di rischio fra i non vaccinati e i tri-dosati sono notevolmente più bassi. Inoltre, se osservate le classi d’età più giovani della popolazione, i rapporti di rischio fra non vaccinati e tri-dosati risultano essere molto contenute: ancora una volta si dimostra che non è giustificata la vaccinazione a tappeto:
12-39 anni à Osp. di un fattore 3, TI di un fattore 5, Decessi di un fattore 8.
40-59 anni à Osp. di un fattore 7, TI di un fattore 18, Decessi di un fattore 16.
Conclusioni
Non intendiamo in questa sede valutare se l’interpretazione e la base-dati del bollettino settimanale dell’Iss siano attendibile o meno, oppure come l’accesso alle terapie intensive possa essere valutato differentemente da medico a medico in maniera soggettiva (per questo motivo lo abbiamo sempre considerato un parametro che non può essere significativo, ma da considerarsi un sottoinsieme degli ospedalizzati), o come quanti dei dati riferiti agli “ospedalizzati Covid” abbiano ricorso a cure mediche per altro motivo e poi si sono scoperti “positivi” al tampone una volta ricoverati (a riguardo, una recente indagine Fiaso ha dichiarato che il 34% (1 su tre) degli ospedalizzati Covid in realtà con i sintomi Covid non c’entrano nulla). Tutti fattori, questi sopra elencati, possono dare tendenze diversi nei dati, soprattutto in quelli aggregati, come abbiamo cercato di mostrare.
Ma al di là di tutto questo resta un interrogativo: ha un senso insistere sempre e soltanto sulla distinzione tra vaccinati e non vaccinati, truccando persino i dati, all’unico scopo di fare propaganda per la vaccinazione o non sarebbe più opportuno comunicare distintamente i rapporti di rischio per singole fasce d’età, visto che la malattia colpisce in modo molto diverso la popolazione?