Aprile 2020, nel pieno della forma più seria della pandemia di Sars-Cov-2, aggiornò con queste inequivocabili parole le linee guida sull’uso delle mascherine: “L’uso esteso di mascherine da parte di persone sane nell’ambiente della comunità non è supportato da prove e comporta incertezze e rischi. Non esistono al momento evidenze secondo cui indossare una mascherina (sia medica che di altro tipo) da parte di tutta la comunità possa impedire la trasmissione di infezione da virus respiratori, incluso Covid-19. E ancora: “L’uso di mascherine nella comunità può creare un falso senso di sicurezza, e il rischio di trascurare altri elementi essenziali, come appunto l’igiene delle mani, l’evitare di toccare viso e occhi e il distanziamento fisico”. Infine: “Le mascherine devono essere riservate agli operatori sanitari e l’uso estensivo potrebbe creare carenze di questi dispositivi per chi ne ha più bisogno. L’Oms continua a monitorare attentamente eventuali modifiche che possano influire su queste indicazioni intermedie. In caso di cambiamenti, verrà pubblicato un ulteriore aggiornamento”.
Ebbene, alla fine tale aggiornamento è arrivato, lasciandoci a dir poco stupefatti, vista la quasi scomparsa non solo delle forme gravi della malattia, ma anche dei contagi (nell’ultima settimana in Italia quest’ultimi sono scesi di circa il 40% e i ricoveri sono ai livelli minimi, nonostante la stagione invernale). Secondo le inverosimili “nuove linee guida” , i magici dispositivi di protezione individuale “continuano ad essere uno strumento chiave contro il Covid-19. Essi, si legge nella nota diffusa dall’Oms, “sono consigliati a seguito di una recente esposizione al virus, quando qualcuno ha o sospetta di avere contratto il Covid, se si è ad alto rischio e per chiunque si trovi in uno spazio affollato, chiuso e scarsamente ventilato.”
Per approfondire:
- Covid, il servizio choc del Tg1: contraddizione o malafede?
- Mascherine, la differenza tra Meloni e Speranza
- Le mascherine funzionano? Cosa dicono gli studi
Che dire? Siamo veramente di fronte ad un fenomeno di regressione scientifica, se così la vogliamo definire, che fatichiamo a comprendere. Malgrado le ragionevoli avvertenze espresse dall’Oms all’inizio di una pandemia sopravvalutata oltre ogni misura, l’esperienza positiva di quei Paesi che le mascherine non le hanno viste neppure col binocolo – Svezia e Florida docet – e la mancanza di uno straccio di studio a livello mondiale che dimostri l’efficacia dell’uso massivo delle stesse mascherine, così come molti eminenti studiosi sostengono da tempo, oggi la stessa Oms ci viene a raccontare questa ennesima balla spaziale, offrendo una formidabile sponda a tutti quei politicanti da quattro soldi che, proprio in virtù della paura virale, tenderebbero a imporre e strumentalizzare l’orrenda “nuova normalità” fatta di distanziamento, lavaggio delle mani e, per l’appunto, mascherine.
In estrema sintesi, attraverso la diffusione di una sorta di oppressiva religione sanitaria, di cui la medesima mascherina rappresenta il simbolo più tangibile, sembra ci sia l’intenzione di riportarci indietro di almeno due anni, facendoci rivivere uno dei periodi più buoi per le nostre democrazie liberali. Un periodo drammatico che, se per gran parte dei cittadini ha rappresentato una grave perdita sotto tanti profili, per pochi altri ciò ha costituito un affare economico e professionale di colossali proporzioni.
La butto lì, forse è proprio seguendo la classica pista dei quattrini che possiamo trovare la strada per comprendere questa inverosimile svolta sulle mascherine dell’Organizzazione mondiale della sanità.
Claudio Romiti, 14 gennaio 2023