Esteri

La guerra del gas

Londra è pronta a tagliare il gas: l’Ue rischia di rimanere a secco

Dopo il taglio di Gazprom, anche il Regno Unito sta valutando il blocco delle proprie forniture di gas verso l’Ue

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La guerra economica del gas continua a mietere preoccupazioni ai leader dei Paesi europei. Questa volta, però, la principale problematica non è la Russia di Vladimir Putin, ma il Regno Unito di Boris Johnson. Il governo conservatore, infatti, sarebbe pronto a sospendere le proprie forniture all’Ue, nel caso si ravvisasse una necessità interna.

Lo scoop del Financial Times

La notizia è stata lanciata dal Financial Times: è plausibile che a Downing Street si stia valutando una diminuzione dei due interconnettori sottomarini, che collegano la Gran Bretagna al Belgio e ai Paesi Bassi, e che stanno funzionando a capacità massima dallo scoppio della guerra in Ucraina.

Attraverso queste forniture, il Regno Unito è capace di garantire l’esportazione di ben 75 miliardi di metri cubi di gas al giorno verso il nostro continente – più o meno la cifra di consumo annuale dell’Italia – e un’eventuale stop, ordinato da Londra, rappresenterebbe una vera e propria mazzata per Bruxelles, che rimarrebbe a secco.

Alla continua ricerca di nuovi partener per abbattere il rimanente 25 per cento di importazioni del gas russo, l’Unione Europea si trova in una posizione ben differente rispetto alla Gran Bretagna. Londra, infatti, dipende dal gas di Mosca solamente per una percentuale pari al 4 per cento – anche se, nel 2021, si è verificato un aumento del 37 per cento sulle importazioni.

Nonostante tutto, i problemi principali per Johnson rimangono petrolio e carbone. Secondo le statistiche offerte dal sito del Parlamento, il Regno Unito continua ad importare rispettivamente il 9 ed il 27 per cento delle risorse provenienti dalla Russia. Anche se, spiega il report: “I prezzi molto più alti dei combustibili fossili hanno fatto sì che il valore di queste importazioni sia diminuito di una quantità inferiore del 55% in totale rispetto all’aprile 2021”. E prosegue: “Le importazioni complessive di energia dalla Russia nell’anno fino ad aprile 2022 sono state di 5,1 miliardi di sterline”.

L’Ue rimane senza gas

Insomma, è evidente come le cifre britanniche non possano essere paragonate all’interdipendenza europea. Eppure, Boris Johnson non esita a porre al centro il proprio interesse nazionale, subordinando tutte le favole ed i miti dell’Europa unita, inclusiva, cooperativa. Nei momenti di difficoltà, Uk sta facendo quello che, nelle stanze di Bruxelles, hanno compiuto in passato molti Paesi membri della comunità: guardare prima al giardino di casa propria. Così fu per la Francia di Sarkozy nel 2011 in Libia oppure da sempre per la Germania, da decenni motore del continente.

In caso di interruzione delle risorse britanniche, ecco che sarebbe necessario aumentare le forniture tramite gasdotti dai Paesi terzi. Fra tutti, l’Ue continua a spingere con Norvegia, Algeria, Qatar, Azerbaigian e Libia per allontanarsi dalle dipendenze russe. Anche perché, fino ad oggi, il nostro continente può produrre solo il 13 per cento del suo consumo totale di gas. Una cifra minuscola, irrisoria, incapace di far fronte alle esigenze di quasi mezzo miliardo di cittadini.

Dopo Brexit 2016, molti analisti italiani previdero una sicura mancanza di materie prime, risorse, beni di prima necessità, che avrebbero condannato Londra ad un’inevitabile declino economico. Probabilmente, ai tempi che furono, i “competenti” sbagliarono lato della Manica. Il rischio e le responsabilità sono tutte nostre. Ed oggi le stiamo pagando a caro prezzo.

Matteo Milanesi, 30 giugno 2022

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