“Guarda com’eri; guarda come sei: me pari un virologo!”. Lopalco, Pierluigi Lopalco, assomiglia al Fabris di Compagni di scuola, solo che quello dopo 10 minuti se ne andava, umiliato e offeso, invece Lopalco è qui per restare. Era quello che pretendeva lockdown fantozziani, anni e anni e anni, in saecula saeculorum, quello che profetava un’orda di ricoverati di ritorno in terapia intensiva, “almeno 151 mila”, per metà giugno: a metà giugno erano sui 287 sarà che Lopalco più che un virologo è un epidemiologo; e, giustamente, anziché lasciare, raddoppia: aspirante candidato piddino in Puglia su tutte le ruote come vice di Emiliano. Emiliano non tradisce, gringo! E Lopalco non fallisce, gringo!
È un grosso scienziato ma soprattutto umile: quando Pierluigi Battista gli ha rinfacciato la topica degli intensivi, lui gli ha risposto: taci, ignorante. Perfetto per il Pd, partito di notori competenti, però vicini al popolo, senza spocchia, nessuna arroganza mai. Come quando disse, testuale, c’è anche il video, che «Per mettere in commercio un vaccino servono da otto a dieci anni di ricerca, e questa ricerca clinica che significa? Che bisogna vaccinare dei bambini e bisogna vedere su questi bambini volontari il vaccino quanto sia sicuro e quanto sia efficace…». Apriti Rete! Ma che sta dicendo questo? Lo sventurato rispose (alla Verità): «Guardi, la platea era composta da centinaia di ragazzini di 15 anni. Loro mi hanno capito benissimo, gli imbecilli che mi attaccano no». Non faccio per vantarmi, ma sono umile.
Questo nostro Lopalco non lo si può definire uno scienziato organico, tuttalpiù “vicino”: vicino a certe istanze, vicino alla sinistra, vicino alla candidatura. Non ci scandalizziamo, siamo pazienti di mondo di mondo, abbiamo fatto il vaccino a Cuneo, solo che a volte la scienza organica, tipo Urss, qualche problema lo pone o almeno lo proietta: Lopalco, per dire, è quello che twittava allegramente alla sfiga di Boris Johnson ghermito dal coronavirus (e l’allegro compare Burioni retwittava ilare: la gaia scienza): fino a che punto la Medicina resta tale e non diventa militanza, fino a che punto un appello riguarda la sicurezza di tutti e non, per dire, quella del virologo candidando? Sono, intendiamoci, sospetti da comare a livello ballatoio, niente di più: però ci stanno. E ci stanno perché se c’è una categoria che 1) ci ha camminato in tacchi a spillo sui santissimi con gli annunci di sventura più allucinanti, 2) cannandoli rigorosamente tutti, 3) in puro servizio alla strategia della tensione governativa, questa è quella dei virologi che poi virologi non sono quasi mai, una schiatta di camici a vario titolo evoluti in fama di influencer.
Ciascuno la sua versione, la sua previsione, la propria formula, una soluzione personale e, speriamo, non definitiva: a volte sembrano stregoni, uomini della medicina, sciamani; incombono, stanno ovunque, a un certo punto qualche buontempone crea un finto album delle figurine e al posto dei calciatori, loro, i Burioni, le Capua, i Lopalco, i Pregliasco e via strolocando.Tutti hanno saltellato a pendolo fra le previsioni, le prognosi, le diagnosi, continuano a ciccarle, ma nessuno sembra darsi pena, apparire è più importante, hanno scoperto la droga della notorietà e subito ne sono diventati dipendenti. E finalmente si è palesato come mai: vollero, sempre vollero, fortissimamente vollero la politica.
È la nuova frontiera del mercato elettorale, quando un articolo tira gli altri vanno in muffa: prima c’erano i giudici, indi i saltimbanchi, poi gli astronauti, adesso tocca ai per brevità virologi: il precedente è quello di Ilaria Capua, una della quale può essere arduo fidarsi, non tanto perché in tre mesi sul coronavirus ha cambiato più idee lei dell’Oms, ma soprattutto data la trascorsa militanza parlamentare con la Scelta Cinica di Mario Monti, il senatore a morte (nostra) che non finiremo mai di ringraziare per come ha ammazzato il cavallo agonizzante, uno che al confronto il Covid-19 è un’allergia da polline quanto a conseguenze sociali. Burioni, se non si offende e se non querela, è un bimbo di Renzi, col quale è stato tentato di candidarsi fino all’ultimo; ma il tosco Matteo non molla, da Fazio lo ha definito “il mio ministro della Salute perfetto”. Stai sereno, Burioni! Maria Rita Gismondo giostra in quota grillina, si direbbe anzi caratterialmente organica: dopo avere definito il coronavirus una sorta di raffreddore innocuo, dopo avere annunciato la voglia provocatoria di farsene un ciondolo, dopo avere inondato i media dell’universo delle sue profezie visionarie, si è lamentata perché l’universo non la valorizza abbastanza. Nel frattempo, è stata arruolata con tanto di rubrichina ad hoc da quel giornale obiettivo, sereno, misurato che è il Fatto Quotidiano, titolo: Antivirus. Sì, diremmo che Gismondo per i grillini è perfetta.
Politica e scienza, politica e virologi, politica e vaccini: tutti a vario titolo attratti o coinvolti, e tutti dalla parte giusta della competenza. Ricciardi, il nostro uomo alla Oms, ex attor giovine, è filogovernativo per missione e per genetica; Crisanti, capace di muoversi in autonomia in Veneto, sconfessando felicemente le esitazioni cinesi del governo Conte, sembra ormai attratto pure lui nell’orbita dei catastrofisti virtuosi di sinistra; a Galli han dato la direzione dell’ennesima task force, questa sul sesso in epoca pandemica, per cui stiamo aspettando protocolli, direttive e posizioni politicamente corrette da adottare. Siccome questi virologi fanno non una scena scientifica ma una scena madre, e sono più in faida di un politburo del Pd, subito c’è chi supera a sinistra, come l’amato Pregliasco che, più accigliato di Bernardo Guy, ammonisce: rapporti sessuali non più durevoli di 15 minuti (dal sedicesimo, misteriosamente, il virus attecchisce).