Non diremo né dove né perché. Nel primo caso non avrebbe senso infierire, basta sapere che è successo davvero, e poi a Natale siamo tutti più buoni. Per la seconda domanda invece crediamo di non avere una risposta.
L’altra sera, durante la Santa Messa di Natale, il parroco di questa nuova e giovane parrocchia sale sul pulpito come un novello don Milani (ha detto anche: “Oggi mi sento un po’ come lui”) e dimentico del Natale si lascia andare ad una predica sulla guerra, sulle bombe di Israele su Betlemme, sull’importanza del green per difendere l’ambiente. Vabbè, direte: ormai i preti son questa cosa qui. Ma il climax lo raggiunge a fine veglione natalizio quando tradizione vuole che l’assemblea baci la statua del bambinello deposto in una mangiatoia. Manco ci fossero Giuseppe Conte o il generale Figliuolo a controllarlo, il parroco annuncia: “Evitiamo però di baciarlo davvero. Magari sfioriamolo solo con le mani, in modo simbolico, una carezza. Con tutti i germi che ci sono in giro…”.
Come, scusa? Cioè a tre anni dal Covid siamo ancora lì ad accarezzare il bambinello per non beccarci non tanto il coronavirus ma i germi in generale? Il terrore virale ha superato se stesso: la paura ormai non è solo per il nemico un tempo sconosciuto, ma per tutti i microbi con chi abbiamo sempre convissuto. Vade retro raffreddore. Forse prima del Covid qualcuno si preoccupava della vecchietta con il moccio al naso che prima di te baciava Gesù? No. Ma i tempi sono cambiati. E gli eredi dei martiri delle catacombe, pronti a morire bruciati, mangiati dai leoni o trucidati dai soldati, adesso han paura di due starnuti.
Giuseppe De Lorenzo, 26 gennaio 2024