Lorena Cesarini, sermone da vittima sul palco dei privilegiati

A Sanremo il monologo sul razzismo. Ma la discriminazione, oggi, sta altrove

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Nel film Scappo dalla città Billy Crystal s’imbarca in una di quelle avventure da uomini sull’orlo di una crisi di mezza età, va ad un corso di sopravvivenza e qui incontra altri apprendisti Rambo, tra cui molto simpatici, che si assomigliano, così fa conoscenza. “Voi di cosa vi occupate?”. “Siamo dentisti, padre e figlio” risponde il più maturo. “Ah, dentisti! Grande…” E l’altro, lo junior, già incazzato: “Sì, siamo dentisti e siamo neri: non facciamone una questione, ok?”. “Ehm, ragazzo, lui non sta facendo nessuna questione, stai facendo tutto da solo”.

Ecco, a Sanremo questa Lorena qualcosa, Cesarini, non particolarmente affermata, ricordava il dentista figlio: faceva tutto da sola. Stava lì, sul palco dell’Ariston, fra i privilegiati senza neppure l’obbligo di greenpass che affligge 60 milioni di italiani, ma ha trovato il modo di estenuare tutti con un pippone melassoso: “Non è vero che sono una ragazza come tante, per qualcuno non sono italiana”. Se lo dice lei… Sta qui, è nata qui, ha un nome e cognome di qui, e ha successo. E nessuno si pone il problema, almeno fino a che non è lei a scassargli i cabasisi. Non è neanche colpa sua, la ragazza Cesarini ha un copione e lo legge, la colpa è della solita pletora di “autori” che al Festival vengono arruolati a un soldo la dozzina e, tutti insieme, non sanno spremere qualcosa di decente.

Così si rifugiano nel solito vittimismo, nell’autocommiserazione, da nessuno richiesta e del tutto strumentale. Controproducente, perché all’ennesimo j’accuse contro il Paese di merda che ti ha fatto benestante e rinomata, il va’ in mona scatta fatale in 50 sfumature di ogni colore. Ma perché sempre questa scemenza del far sentire in colpa a prescindere, perché questo andare in giro, tra gente indifferente o perfino simpatizzante, “ehi!, tu!, sono nera! Te ne sei accorto? Che c’è che non va? Sei un razzista? L’Italia è un Paese razzista?” e via solfeggiando sullo spartito BLM. Anche basta.

Certo, Sanremo è Sanremo, per dire l’epitome del trash, si passa da un succedaneo di cantante che si battezza da solo (col bianco da osteria, verrebbe da sospettare) a Fiorello che prende in giro i malati a vario titolo, a una attrice di moderata fama che mette sul banco degli imputati un Paese che ha di meglio da fare: qui sta la somma volgarità, quel rimestare un po’ cialtrone nei sensi di colpa, nell’effetto facile, nella retorica strappalacrime. E ora, sotto col prossimo cantante ipergender, con un’altra pagliacciata che magari offende quei coglioni di cattolici, peggio per loro. E su, Lorena, che per recitare il patetismo a soggetto ti sei intascata un cachet che i milioni di privati del lavoro, per le insane voglie di un regime mascalzone, si sognano per i prossimi 40 anni!

Se volevi davvero instillare il dubbio che questo sia un Paese carogna, potevi cercarla dove c’è, la discriminazione: fortuna ci ha pensato, da par suo, Checco Zalone che ha una solidità anche culturale alle spalle, a differenza di altri, ed è anche furbo, si sbilancia ma sempre un passo indietro dal delirio, il suo cattivo gusto ha qualcosa di moralistico ma incazzato; la sua parodia dei virologi spiega tutto, non lascia altro da aggiungere, la stessa musichetta, sullo stampo della Nostalgia canaglia, offre un arrangiamento chirurgicamente sarcastico, così ostentatamente datata, con quelle cascate di archi e di tastiere da anni ’70 e ’80 nazionalpopolari. In un colpo solo, punge gli scienziati vanesi e l’insostenibile leggerezza di Al Bano, Fabio Fazio e, di striscio, la guerra degli impresari (Lucio Presta versus Beppe Caschetto, ma ci vorrebbe un pezzo a parte).

È una satira, direbbe Burioni, “a 365 gradi” senza bisogno di umiliare chi non c’entra, cioè il contrario di Fiorello che è scaduto in una pantomima gratuita, infelice, e che gli ha fruttato un turbine di insulti via social: non ci interessa, non piangeremo per lui. Così come non piangeremo per le false ambasce dell’attrice giovane Cesarini. Cara Lorena, sono bianco (più o meno) e scrivo queste note: non facciamone una questione, ok?

Max Del Papa, 3 febbraio 2022

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