Ma non ci avevate raccontato che, una volta uscita dall’Unione Europea, la Gran Bretagna sarebbe precipitata rapidamente al rango di potenza minore e irrilevante? Fatto sta che quella che è a tutti gli effetti una guerra anche geopolitica e non solo sanitaria, soprattutto per le conseguenze che avrà sulla ripresa della normale vita economica dei vari Stati, vale a dire la guerra dei vaccini, la “perfida Albione” (un concetto che a chi lo ha fatto proprio ha sempre portato sfortuna) l’ha vinta da sola e contro tutti. E l’ha vinta soprattutto contro l’Unione Europea che è ancora tutta intenta a discutere e a valutare, fra i soliti veti contrapposti e le ripicche reciproche, la validità e i modi di somministrazione del vaccino che verrà.
Probabilmente, una Gran Bretagna che non avesse fatto il passo storico della Brexit, capendo che nel mondo globalizzato le decisioni devono essere rigorose ma tempestive, avrebbe perso quella agilità che le ha permesso di fare da sola e non aspettare le direttive dell’agenzia europea del farmaco (la famigerata Ema) che per decidere si riunirà d’urgenza solo il 29 dicembre prossimo (sic!). La freddezza con cui Bruxelles ha accolto la notizia, data da Boris Johnson via Twitter, è indicativa di un imbarazzo che si è subito accompagnato a critiche severe che probabilmente la realtà smentirà clamorosamente: la procedura europea, è stato detto nella capitale belga, è più lunga perché più scrupolosa, più timorosa di mettere a repentaglio la salute dei cittadini; inoltre, si è aggiunto, un vaccino funziona se la popolazione, risponde in massa alla campagna sanitaria che lo promuove, ma per fare ciò essa deve essere rassicurata sulla serietà dei controlli e sulla verifica scrupolosa dell’assenza di pericoli collaterali per la salute.
Due obiezioni che, a nostro avviso, non tengono presente, da una parte, che l’agenzia britannica di controllo ha una tradizione di terzietà e serietà scientifica che certo non rischierebbe di scalfire oggi con scelte avventate; e, dall’altra, che i cittadini britannici hanno in generale una fiducia nello Stato e nell’autorità pubblica (che non li tratta come infanti stupidi e irresponsabili) che noi italiani, ad esempio, possiamo soltanto sognare. Una fiducia che anche in questo caso è ben riposta, considerato che, mentre in Italia noi ci accapigliamo su un piano di vaccinazione che forse partirà fra due mesi e che pur se annunciato è nei fatti ancora vago e impreciso, Johnson ha fatto sapere che il suo governo ha già compiuto l’approvigionamento di quaranta milioni di dosi di vaccino dalla Pfizer e che esse saranno disponibili già dalla settimana prossima. Anche il piano di distribuzione, nella sua semplicità, è pronto e dettagliato: in rapida sequenza saranno vaccinati prima gli anziani che stanno nelle case di cura, poi gli operatori sanitari, quindi tutti gli ultraottantenni.
Ma le novità da oltremanica non finiscono qui: da oggi sarà in vigore il covid winter Plan, che, con limitazioni razionali e rigorose, farà ripartire in sicurezza la normale vita della Nazione a cominciare dalla riapertura ai tifosi degli stadi. E ciò proprio mentre da noi si pensa a sequestrare senza criteri la vita di tutti per Natale e Capodanno, strozzando la vita economica di interi settori dell’economia nazionale. Di fronte a tanta efficienza, verrebbe da dire scherzosamente che sarebbe stato opportuno, ad esempio, che il super commissario Arcuri, che coordinerà pure la nostra campagna di vaccinazione, invece di arrovellarsi su banchi a rotelle ed altre inutili amenità, avesse passato l’estate frequentando, anche “a distanza”, un corso intensivo e rapido da decision maker presso il governo di Sua Maestà!
Corrado Ocone, 3 dicembre 2020