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Intervista esclusiva

“L’Ue è una fabbrica di norme e l’energia costa troppo. Trump? Non deve spaventarci”

Francesco Sciaudone, socio fondatore e global managing partner di Grimaldi Alliance: “L’Ai? Siamo gli unici ad aver adottato un regolamento…”

Intervista professore

L’America di Donald Trump punta a giocare da protagonista. La Cina investe sulla propria crescita economica e i Paesi del Golfo Persico spalancano le porte alle imprese. Intanto, l’Europa sforna regolamenti che pesano sullo sviluppo quanto una zavorra. Per affrontare le sfide di uno scenario internazionale così articolato è essenziale possedere una visione completa del mercato globale, senza però dimenticare le specificità geopolitiche di ogni area.

L’avvocato Francesco Sciaudone, socio fondatore e global managing partner di Grimaldi Alliance, osserva il mondo proprio con questa duplice prospettiva. E studia, in punta di diritto, la miglior assistenza legale e fiscale per chi fa impresa nel mondo. Il medesimo approccio è condiviso dagli avvocati di oltre 25 Paesi che fanno parte del network di Grimaldi Alliance e che, dal 4 al 6 novembre scorsi, si sono trovati nella sede centrale di Milano per il loro International Summit annuale. Nell’occasione, hanno discusso di tendenze di mercato, di prospettive future, tecnologie emergenti e innovazione.

Avvocato Sciaudone, quali sono le criticità che le imprese riscontrano nell’internazionalizzazione?
“Grimaldi Alliance è nata solo cinque anni fa con l’obiettivo di creare un one stop shop per l’accesso ai mercati internazionali e per rispondere alle aspettative di tante imprese che faticavano nell’accesso a mercati che ritenevano importanti, ma rispetto ai quali soffrivano una serie di asimmetriche di mercato, regolamentari e di conoscenza che ne rendevano faticoso l’accesso. La nostra idea è stata quella di coinvolgere professionisti locali, che sono diventati via via membri di Grimaldi Alliance. Oggi copriamo una settantina di Paesi, con migliaia di professionisti coinvolti. Anche i cinesi di Yingke, il più grande studio legale al mondo con 12 mila avvocati, sono membri di Grimaldi Alliance. Possiamo seguire un cliente in tutti i mercati ed è di questi giorni la richiesta di supporto di un’importante azienda, che vuole essere seguita in 57 Paesi. Abbiamo la capacità di seguire contenziosi in una pluralità di giurisdizioni e operazioni di M&A (fusioni e acquisizioni) in mercati tra loro molto diversi. Tutto questo, cercando sempre di offrire team integrati capaci, ad esempio, di essere basati in Belgio e di seguire le operazioni nel Middle East, piuttosto che basati in Italia e in grado di coprire le opposizioni fatte nella parte subsahariana del mercato africano”.

Avete anche uno studio a Bruxelles, accanto alle istituzioni Ue. Le regole europee non rischiano di essere un ginepraio di norme a fronte di altre legislazioni più agili?
“L’Europa è una fabbrica di norme e noi abbiamo deciso di essere vicini a dove si fabbricano, proprio per non soffrire asimmetrie informative. Partecipiamo all’attività europea in modo molto importante. La sede di Bruxelles di Grimaldi Alliance, a pochi metri dal palazzo della Commissione europea, è storica e prestigiosa. L’idea è contribuire al processo di legislazione europea, ad esempio affiancando la Commissione nei tanti studi che vengono svolti in molte materie prima che si avvii il processo legislativo. Lo abbiamo fatto in materia di trasporto urbano, di energia, di concorrenza. La nostra presenza europea copre ovviamente la tradizionale attività di diritto europeo, ma anche quella di advocacy e il già citato supporto alle istituzioni. Per noi Bruxelles è l’hub al quale facciamo riferimento, avendo anche la possibilità di ospitare lì colleghi di altri Paesi e di altre sedi, in modo da avere un punto di riferimento unico per tutti i partner dell’Alliance e per offrire ai clienti un one stop shop”.

Il diritto comunitario europeo è davvero tale oppure risente ancora degli specifici interessi nazionali di chi ha la voce più grossa?
“La presenza a Bruxelles è molto vivace rispetto a quello che gli Stati e gli interessi nazionali cercano di garantire nel mercato europeo. Non si vive di soli accordi, ma anche di veti, di negoziati, di confronti molto serrati per l’adozione di tutte le legislazioni in tutti i settori. L’esperienza ci ha dimostrato che a Bruxelles pesa chi è più presente; noi abbiamo deciso di esserlo, con un team importante, proprio perché crediamo moltissimo nella capacità di affiancare i clienti in modo continuativo e costante sia nei mercati internazionali sia sui territori”.

Il Middle East è davvero il futuro per chi investe?
“Nella seconda giornata del nostro annual meeting, uno dei temi affrontati grazie anche alla presenza del Rappresentante Speciale Ue, Luigi Di Maio, è stato proprio lo sviluppo dell’area CGG, che coinvolge Paesi quali Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman e Qatar. Quella è un’area booming, noi siamo gli unici ad aver aperto una presenza diretta in Saudi a gennaio di quest’anno con dei partner locali e i nostri partner egiziani. Abbiamo una sede su Riyadh, Jeddah e Dammam. Vogliamo creare un’infrastruttura professionale che consenta di aiutare le imprese non solo nell’investimento iniziale ma anche nella gestione del medio-lungo termine delle loro attività. Nell’area booming della Mena (Medio Oriente o Nord Africa) abbiamo scoperto che è necessario farlo e che siamo gli unici europei e italiani ad averlo fatto. Solo gli americani e gli inglesi hanno presenze professionali rilevanti in quell’area, ma c’è uno spazio enorme per l’affermazione delle capacità professionali di altri Paesi, quindi anche di quelle italiane ed europee”.

La Cina è un colosso economico che spesso fa paura. Qual è il migliore atteggiamento da adottare nei suoi confronti?
“Il confronto tra Paesi e tra economie che alimenta la geopolitica in questa stagione complessa non può prescindere dal confronto anche tra le capacità professionali. Americani, cinesi ed europei si confrontano, indipendentemente dalle sorti geopolitiche, sul mercato. I dazi e le misure doganali sono un tipico strumento di confronto commerciale fra Paesi. Viviamo una stagione in cui le misure adottate nel settore del trade sono importanti: il tracciamento degli investimenti stranieri in Europa, l’applicazione delle regole sulla golden power, le misure antidumping e gli strumenti di controllo del trade impattano sulle economie di tutti i Paesi. Non bisogna aver paura, ma bisogna conoscere questo settore per poterlo affrontare e disciplinare anche contrattualmente, negozialmente. La nostra partnership con lo studio legale cinese Yingke ci consente di gestire la presenza anche su quell’area. Allo stesso tempo sono tante le imprese cinesi che operano nel mercato italiano rispettando tutte le regole. Una missione implicita di Grimaldi Alliance è proprio quella di offrire infrastrutture professionali che consentano di mitigare le incertezze di rischio nella gestione degli investimenti di medio e lungo termine, creando condizioni in grado di assicurare il miglior successo degli investimenti internazionali”.

Donald Trump ha vinto le elezioni americane e alcuni temono l’avvento di politiche protezioniste. Cosa cambierà?
“Secondo me non cambierà nulla dal punto di vista dell’impatto sul mercato. Paradossalmente la posizione degli Stati Uniti, indipendentemente dal governo, nell’ultimo periodo è sempre stata improntata all’American First, all’interesse americano prima di tutto. Questo non è cambiato anche con la presidenza Biden. Quello che sembrava essere un motto di Trump, in realtà è stato confermato da Biden e forse rafforzato. La dinamica dei mercati internazionali è particolarmente severa, il confronto tra economie viene fatto a prescindere dal governo di turno. Gli Stati Uniti hanno una chiara posizione di difesa dei propri interessi, lo hanno dimostrato in materia di energia e con l’Inflation Reduction Act che è stato introdotto e verrà implementato, offrendo energia a costo zero alle imprese americane, mentre sappiamo bene che un tema drammatico per l’Europa è proprio il costo dell’energia. Allo stesso tempo sappiamo che hanno deciso di fare un passo indietro rispetto all’introduzione degli standard Esg, mentre in Europa stiamo per introdurre regolamentazioni davvero molto pesanti in termini di tutela ambientale”.

Cosa dobbiamo aspettarci?
“Il regolamento sul cosiddetto CBAM, che sanziona l’importazione di prodotti realizzati in Paesi terzi che non hanno adeguate garanzie in termini di scambio del carbon credit, è una misura molto severa che penalizzerà l’importazione in Europa. Nel frattempo, la Cina sta lanciando un piano enorme di investimenti pubblici per sostenere la crescita economica. La geopolitica è affascinante e ti porta a vedere colori differenti a seconda della prospettiva. Se guardiamo al mercato europeo dall’Asia-Pacifico, lo vediamo in crisi, come un mercato di domanda al quale vendere servizi. Se lo sguardo è interno, riferito al mercato europeo stesso, vediamo che il prezzo delle auto elettriche è più alto, a parità di condizioni, di quello nei mercati americani o cinesi. Le stesse auto in Europa costano di più: questo paradosso si spiega in ragione della scelta dell’Ue di avere regole forti e grande disciplina nel regolamentare l’attività economica”.

È accaduto anche con l’Intelligenza Artificiale…
“Siamo l’unico ordinamento giuridico che ha adottato un regolamento in materia di AI, preoccupandoci di disciplinare la domanda piuttosto che l’offerta di servizi. Questo ci porterà ad avere un confronto competitivo asimmetrico: avremo consumatori tutelati ma produttori svantaggiati, un po’ come è successo nel settore dei social e del digital. Abbiamo visto il grande successo del mercato americano e di quello cinese ma senza campioni europei. Diventeremo un mercato di domanda con grandi regole prodotte a livello europeo, ma avremo un costo di accesso al mercato per i produttori locali molto più alto di quello che altrimenti viene sofferto sui mercati internazionali. Questo crea una grande asimmetria. Geopolitica, regole, capacità di assicurare la mobilità tra sistemi diversi, ma anche affrontare le asimmetrie delle regole e i rischi dei singoli mercati: queste sono le ragioni per le quali attività professionali come la nostra possono avere una giustificazione nel medio e lungo termine per dare una risposta unica a problemi complessi”.

Marco Leardi, 13 novembre 2024

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