Sembra che l’Europa non voglia proprio imparare la lezione. Dopo le gravi carenze di gas dovute alle sanzioni, allo stop tedesco di Nord Stream 2 ed il sabotaggio dello scorso settembre, Gazprom potrebbe riutilizzare in futuro il gasdotto per pompare gas nel nostro continente. Una vera e propria beffa, che andrebbe a spergiurare la miriade di sanzioni che Bruxelles ha adottato in questi mesi contro la Federazione.
Gli assicuratori tedeschi, Allianz e Munich Re, hanno infatti rinnovato la polizza di Nord Stream 1, coprendo i danni causati dal sabotaggio (circa mezzo miliardo di euro) ed i problemi che hanno comportato numerose interruzioni nel corso delle attività. Nord Stream è stato per un decennio la via principale per le forniture europee, con una capacità di trasporto pari a 55 miliardi di metri cubi di gas. Al momento, però, rimane inattivo.
La notizia arriva direttamente dalla Reuters che, consultando proprie fonti rimaste anonime per ragioni di sicurezza, ha specificato che il governo di Scholz non sarebbe contrario a riallacciare i rapporti con Mosca, anche se Berlino – al momento – non ha ancora rilasciato dichiarazioni al riguardo. Eppure, c’è chi mette già le mani in avanti. Michael Kretschmer, leader conservatore della regione della Sassonia orientale, ha dichiarato al quotidiano Berliner Zeitung che l’oleodotto dovrebbe essere riparato e la Germania dovrebbe mantenere la possibilità di importare nuovamente attraverso di esso.
Per approfondire:
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Difficile stabilire quale sarà la mossa futura dell’esecutivo tedesco. Sta di fatto, però, che la gran parte degli azionisti della Germania all’interno di Nord Stream (Wintershall Dea ed E.ON, nell’azionariato ci sono poi Nederlandse Gasunie e la francese Engie), sono favorevoli a preservare almeno la funzionalità del gasdotto danneggiato, una posizione che potrebbe gravare su Olaf Scholz e che comporterebbe in modo inesorabile un nuovo avvicinamento con Putin. A ciò, si aggiunga il fatto che la Russia detiene una partecipazione del 51 per cento in Nord Stream 1, attraverso una filiale del gruppo energetico statale Gazprom.
Dall’inizio della guerra in Ucraina, il gas russo arrivato in Europa è sceso dal 40 per cento a poco meno del 10 per cento. Un calo drastico che ha riguardato soprattutto la Germania (le cui forniture russe si aggiravano intorno al 50 per cento), ma anche l’Italia, che col governo Letta arrivò a toccare punte del 45 per cento di dipendenza dal Cremlino.
Ora, le soluzioni alternative arrivano direttamente dal Nord Africa, in particolare dall’Algeria, con cui Roma ha allacciato una forte cooperazione, sia con l’esecutivo Draghi che con quello di Giorgia Meloni. Nel 2022, infatti, l’Italia ha dipeso dal gas di Algeri per ben il 40 per cento, cifre analoghe a quelle che ci furono con Mosca.
Matteo Milanesi, 5 aprile 2023