Le autorità europee stanno preparando una sanzione da oltre un miliardo di dollari contro X, la piattaforma di Elon Musk. La multa sarebbe legata alla violazione delle norme Ue contro i contenuti illeciti e la disinformazione. L’annuncio potrebbe arrivare nell’estate del 2025, secondo quanto riporta il New York Times. Notizia poi smentita dalla Commissione per voce del portavoce della Commissione europea, Thomas Regnier: “Le affermazioni sono sbagliate e non c’è alcuna proposta di multa per alcuna delle indagini Dsa attualmente in corso su X”, ha detto, spiegando che le indagini proseguono al momento ancora a livello “tecnico”.
Possibili modifiche al servizio
Il quotidiano americano aveva però citato tre fonti informate sul dossier. Oltre alla sanzione economica, l’Ue chiederebbe a X di apportare modifiche al suo funzionamento. Un portavoce della Commissione europea ha dichiarato: “Abbiamo sempre applicato e continueremo ad applicare le nostre leggi in modo equo e senza discriminazioni nei confronti di tutte le aziende che operano nell’Ue”.
L’indagine su X è iniziata nel 2023 e a luglio del 2024 l’Ue aveva già emesso un giudizio preliminare di violazione. Secondo Bruxelles, la società avrebbe rifiutato “di fornire dati a ricercatori esterni, rendendo difficile misurare come la disinformazione e altro materiale dannoso si diffondevano sul servizio”. Le autorità ritengono inoltre che X non sia riuscita a fornire un’adeguata trasparenza sugli inserzionisti o a verificare l’autenticità degli utenti che pagano per avere un account “verificato”, rendendo la piattaforma più vulnerabile ad abusi e interferenze straniere. Dal canto suo, X aveva risposto con un dossier molto dettagliato per confutare queste tesi.
Elon Musk, proprietario di X, è uno dei più stretti collaboratori di Donald Trump. La decisione finale sull’ammontare della multa terrà forse conto delle tensioni già esistenti tra Ue e Usa su dazi e guerra in Ucraina. “Dopo l’elezione di Trump, le autorità di regolamentazione europee hanno rallentato l’indagine X per valutare le potenziali ricadute, ha detto una persona – scrive il NYT – Più di recente, con l’intensificarsi delle tensioni commerciali con gli Stati Uniti, le autorità hanno deciso di andare avanti”.
Cos’è il Digital Services Act
Il DSA è la normativa europea che regola piattaforme digitali, social network e siti di e-commerce. Introdotto per proteggere gli utenti da contenuti illeciti e disinformazione, mira anche a contrastare posizioni dominanti nel mercato digitale. A Bruxelles, secondo il NYT, ci sarebbe anche un’altra indagine in corso contro X: secondo i funzionari Ue, l’approccio “non interventista” di X sul controllo dei contenuti lo avrebbe reso un calderone di odio, disinformazione e altro, tanto da diventare un pericolo per la democrazia dell’Unione. Il paradosso è che il Dsa finirebbe col colpire X proprio per il motivo stesso per cui Musk ha rivelato Twitter a suon di miliardi. L’accusa che il magnate americano faceva al vecchio social network era quella di limitare la libertà di espressione in maniera arbitraria, un po’ come confessato da Mark Zuckerberg per i contenuti che riguardavano il Covid su Facebook (tagliola applicata su pressione dell’amministrazione Biden). Musk ha comprato X allo scopo di renderlo un luogo libero e campione di free speech, libertà che però a quanto pare non piace all’Ue. Anche Jd Vance a febbraio ha paragonato il DSA europeo ad una vera e propria censura digitale.
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Il Dsa prevede una multa fino al 6% del fatturato globale. Ma il calcolo contro Musk sfrutterebbe un cavillo della legge europea secondo cui si possono inserire nel calderone tutte le società che Elon controlla privatamente, tipo SpaceX, il che alzerebbe la potenziale sanzione a ben oltre il miliardo di euro.
X accusa di censura
La piattaforma ha definito le azioni dell’Ue come “censura politica” e un attacco alla “libertà di espressione”. “Se i resoconti secondo cui la Commissione europea sta valutando azioni di contrasto contro X sono accurati – si legge in un post – ciò rappresenta un atto di censura politica senza precedenti e un attacco alla libertà di parola. X ha fatto di tutto per conformarsi al Digital Services Act dell’UE e utilizzeremo ogni opzione a nostra disposizione per difendere la nostra attività, proteggere i nostri utenti e proteggere la libertà di parola in Europa”.
Uno dei funzionari a conoscenza del dossier ha detto al NYT che l’Ue e X potrebbero raggiungere un accordo se la società accettasse modifiche al sui funzionamento. Ma qui si inserisce il dibattito sui dazi. Come abbiamo spiegato qui, infatti, la regolamentazione europea sulle Big Tech americane potrebbe aver giocato un ruolo rilevante su quel 20% di tariffe extra annunciate l’altro giorno da Trump contro l’Ue. Non a caso, a febbraio la Casa Bianca aveva pubblicato un memorandum in cui definiva il Digital Markets Act e il Digital Service Act due normative “di estorsione” che portano allo “sfruttamento ingiusto dell’innovazione americana”.
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