Un altro, straordinario, capitolo del suicidio etnico-culturale messo in atto dall’Occidente ci è offerto online dalla BBC, dove tal Hanna Flint, critica teatrale e cinematografica, ci annuncia soddisfatta che per gli sceneggiati storici con soli bianchi (All white period drama) è finalmente arrivata l’ora della fine.
Intanto non sapevamo neanche che esistesse la categoria “sceneggiati storici con soli bianchi”. Per noi, fino a oggi, esistevano gli adattamenti televisivi o cinematografici dei romanzi di Charles Dickens, di Shakespeare o di Jane Austen. Essendo storie create e ambientate nella Gran Bretagna dei secoli passati, presumevamo che fosse del tutto normale che gli attori coinvolti rispecchiassero la demografia del periodo. E invece no. Un “David Copperfield” con un cast all white è oggi diventato “problematico”.
Nei programmi della BBC è ormai tutto un fioccare di PoC (person of color) anche quando il soggetto è l’antica Roma. Abbiamo visto centurioni romani, Machiavelli e Achille tutti interpretati da attori di colore. Perché tutto ciò? Si ritiene forse che odierna l’audience multietnica si rispecchi meglio in un programma multietnico? Va detto però che i cittadini britannici di origine africana sono appena il 3% della popolazione. E chi ha deciso che siano oggi meglio serviti da una ricostruzione inesatta del passato del proprio paese?
In realtà la ragione è piuttosto pedagogica. Si inseriscono PoC ovunque perché si vuole inculcare nell’audience (cioè nella popolazione bianca) l’abitudine alla diversità. Questa commistione tra intrattenimento e pedagogia delle masse dovrebbe, già di per sé, mettere in guardia uno spirito liberale. Come dovrebbe farlo anche l’attenzione eccessiva al colore delle persone.
Ci sono però due ulteriori elementi che, personalmente, mi mandano in bestia. Il primo è l’assoluta differenza di trattamento quando invece è un bianco (la categoria demonizzata dalla sinistra “risvegliata”) ad appropriarsi di temi e ruoli che non gli appartengono (per valutazione degli stessi “risvegliati”). È il caso, ad esempio, di Scarlett Johansson attaccata per aver interpretato il maggiore Kusanagi di Ghost in the Shell, nonostante nell’anime stesso il personaggio non abbia tratti giapponesi e si tratti di un cyborg.
L’attrice si è poi dovuta scusare pubblicamente per aver detto questa frase: “In quanto attrice, dovrei avere la possibilità di interpretare qualsiasi persona, albero o animale, perché questo è il mio lavoro”. Insomma se un bianco interpreta un cyborg in una società futuristica, apriti cielo. Niente da ridire invece sul Machiavelli africano. In realtà l’espressione più esatta sarebbe: “nessuno DEVE ridire”.
E arriviamo così al secondo punto. Intellettuali come Hanna Flint liquidano con disprezzo quelli, come voi e me, che criticano queste scelte di casting come un eccesso del politicamente corretto. Siamo una “una minoranza vocale di critici da tastiera – scrive la Flint – completamente fuori strada… perché la Gran Bretagna è sempre stata multietnica”. Siamo di fronte ad un salto di qualità orwelliano quando un’ideologia come il politicamente corretto dimentica di essere tale e si convince di rappresentare veramente la realtà.
In questa storia ribaltata, i cast multietnici di oggi riflettono veramente la realtà demografica dell’Europa del passato. Siamo noi (bianchi) ad aver successivamente rimosso la storia degli europei africani a causa del nostro razzismo. L’immagine di una Gran Bretagna in gran maggioranza “bianca”, sarebbe quindi falsa. A sostegno di questa tesi, la Flint cita a proposito una ricerca secondo cui nell’era Tudor ben 350 africani vivessero in Inghilterra. Sì, avete capito bene. Questi numeri, secondo queste persone, dimostrano che la Gran Bretagna (ma potrebbe essere la Francia o l’Italia) non è mai stata interamente bianca.