Uno nella vita manda giù tutto. Speranza ministro della salute. I televirologi. E perfino il supergreenpass. Ma Scanzi maestro di giornalismo no, eh, Scanzi maestro di giornalismo no! Accade questo, che, ancora caldo della figura da cioccolatino uscita dai verbali dell’inchiesta sullo zompo della fila vaccinale in qualità di caregiver telepatico, il ragazzo spazzola, sempre più incartapecorito, sarà l’abuso compulsivo di Astrazeneca?, si metta a sollevar palette, proprio come una sua ex, in merito all’altrui lavoro: in particolare ce l’ha, vedi caso, con la Verità che ha intervistato Crisanti: tsk, tsk, a Scanzi, arbiter minchiatorum, non sta bene, perché la Verità, capace “a volte di battaglie condivisibili” (ce l’avrà mica con Renzi?), in questo caso non è degna e dunque “l’amico Crisanti” non deve abbassarsi, non deve lasciarsi irretire, quella è una ribalta per sempliciotti (il Fatto, invece…).
Quando si dice non conoscere imbarazzo: tutta una farneticante supercazzola dalla quale si capisce solo che l’ex promessa, invecchiato prematurato, vanta la sua amicizia col medico – un suo pallino, quello di avere conoscenze famose, tipico degli insicuri cronici. Con la Panella, buona pure quella, che si sforza di prenderlo sul serio. Tagadà!, come cantavano i Fichi d’India.
Scanzi suggerisce, ma forse siamo noi che non ne cogliamo la profondità analitica, un approccio un pop porno, per dire sbarazzino, da tiktoker, non pare particolarmente attratto dalla speculazione filosofica e forse non sospetta cosa diceva Wittgenstein “Su ciò di cui non si deve parlare, è meglio tacere”; ecco, il nostro Vaxinator dovrebbe limitarsi ad imparare come si fanno le inchieste e le interviste, anziché stabilire chi sia meritevole di cosa: specie dalle colonne di un giornale che le sue battaglie le ha ciccate tutte, tant’è vero che perde lettori a rotta di collo, forse anche perché ci verga lui.
Siamo al vortice del grottesco, uno che passa la vita a interpellare se stesso crede di poter insegnare il mestiere a chicchessia. Ma l’astuto sommelier, che conosce il vino almeno quanto il tennis, è già in rampa di lancio per la sua personalissima resilienza: non pago della sparacchiata su Crisanti e la Verità, arriva a compiacersi per la strategia del governo, che giudica impeccabile: “Prima il greenpass, poi il supergreenpass, infine, ove non bastasse, obbligo vaccinale”. Detto da uno che un anno fa insultava chi temeva il Covid. Folgorato sulla via di Pregliasco.
L’amico Conte, con cui si selfava tutto impettito? L’amico e fratello di lotta Dibba? Ieri era ieri, altri pensieri, gli amici grillini ci pensi Travaglio a difenderli, tanto si stanno estinguendo per assorbimento del non più esecrato Pd (anche lì ormai tutti amiconi da taverna e pizzeria), e allora tanto vale certificare la sagacia dell’amico governo “che ha fatto bene a scegliere la gradualità”, quanto a dire introdurre lo stato autoritario un po’ alla volta.
Sempre dalla parte del potere questi cosplayer, altro che rockstar, sempre dove tira il venticello. Ce ne ricorderemo, che il caregiver da beauty farm approva un regime che sciala in misure punitive e repressive, ad memoriam e non certo per corrergli dietro, questo sia chiaro: siamo mica grillini, noialtri, e soprattutto non lo siamo mai stati; tra l’altro sarebbe fatica sprecata, è notorio che il biker alla vaccinara, se sfidato a tenzone, a difenderci neanche ci prova. No, no, ce ne ricorderemo giusto per ricordarlo ai distratti, agli smemorini, ai cinici, a quelli che “ma tanto fanno tutti così”. Eh, no. Tutti proprio no. Certo, quando l’amico Draghi cadrà i primi a dire “io l’avevo detto”, “io non l’ho mai stimato” saranno i più collaborazionisti. Ma questo non significa niente: carta canta, video suona e social cinguetta. Dopodiché, siccome noi non siamo grillini ma libertari, ciascuno resti, se crede di meritarselo, a delibare la prosa di Scanzi, rimasta, almeno quella, preadolescenziale.
Max Del Papa, 6 dicembre 2021