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L’ultima farsa: il Nobel ai cacciatori di fake news

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Pensiamoci bene: al tempo del coronavirus, di Joe Biden, di Papa Francesco e di Greta Thunberg, chi potrebbe essere il vincitore ideale del premio Nobel per la pace 2021? Bè, se tanto mi dà tanto, i più papabili potrebbero essere Xi Jinping, il professor Galli, Sauron o… i fact checkers. E in effetti, proprio questi ultimi, i vigilanti del web, coloro che combattono le fake news e che decidono cosa è vero e cosa no, sono stati oggetto della proposta di candidatura da parte di una politica norvegese, tale Trine Skei Grande, ex leader del Partito Liberale. Avete capito bene, “liberale”, aggettivo che nella dimensione dell’upside down in cui ci troviamo potrebbe tranquillamente connotare anche un membro delle Nuove Brigate Rosse.

“Viviamo in un’epoca in cui combattere le bugie è così importante che Joe Biden ne ha parlato nel suo discorso inaugurale – ha spiegato “la parlamentara” nordica -. Quest’anno ho proposto i fact checkers per il Premio Nobel per la Pace. Hanno bisogno del nostro sostegno”.

In particolare, è stata proposta la candidatura dell’International Fact-Checking Network (Ifcn), una rete composta da decine di media e organizzazioni attive in tutto il mondo nella verifica dei fatti tra cui France Presse, Washington Post, Reuters nonché il sito web sudafricano Africa Check e organizzazioni in Asia e Sud America. Il gotha del giornalismo mondiale, insomma, sempre puntuale e mai schierato.

Dobbiamo dirlo: mai scelta fu più azzeccata. Anzi ringraziamo tutti la signora Grande, di nome e di fatto. Proprio una grandissima testa, non c’è dubbio. Sì perché, nel momento più nero per la libertà, tra pandemia, lockdown globali e ideologie totalizzanti, è riuscita a suggerire all’Istituto Nobel di Oslo come poter fornire, nonostante tutto, l’ennesima prova della sua proverbiale credibilità.

Questa volta era davvero difficile proporre un candidato meritevole. Non come nel caso del presidente democratico Jimmy Carter (2002), del vicepresidente democratico Al Gore (2007) o ancora del presidente democratico Barack Obama (2009). Là je piaceva vince facile ai proponenti. Tant’è che poi vinsero tutti e tre. Sarà che forse premiare un presidente democratico è passato un po’ di moda anche lassù tra i fiordi. E allora ecco che la nostra illustrissima ha pensato bene di candidare chi ha contribuito in maniera probabilmente decisiva alla vittoria del neo presidente – ancora una volta democratico – Joe Biden. Chapeau.

Devo dire la verità: avrebbe meritato una menzione speciale per il premio anche la povera Hillary Clinton. Io al posto suo avrei fatto una strage. Ma come? Io perdo contro Trump e l’unica cazzata – o fake news per restare in tema – che tirate fuori in mio favore, tra l’altro ex post, è la storia degli hacker russi e poi, quattro anni dopo, mettete in piedi tutto sto popò di macchina da guerra, tra social, giornali e tv, che porta Biden alla Casa Bianca? Altro che “Crooked” Hillary, Hillary la misericordiosa.

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