L’ultima foto del Cav, il saluto alla vita

Berlusconi al bar del lago dei Cigni nella sua Milano 2. E quello scatto con un bambino

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Certe foto non andrebbero liberate, ma l’ultima di Berlusconi è uscita e nel suo strazio fa capire tante cose, dell’uomo, della sua tragedia. È l’immagine di un conto alla rovescia, l’atto finale del dramma che chiamiamo vita. Questo protagonista vanitoso fino al maniacale non si nasconde più. Non è più lui. I lineamenti deformati, una maschera sfondata, lo sguardo strabico, il sorriso diroccato. Eppure sorride, si presta. C’è un bambino che lo abbraccia. È stata fatta a Milano 2, al laghetto dei cigni che ne è un po’ il cuore.

Stava andando in ospedale Berlusconi, si è fermato in un baretto a prendere dei ghiaccioli. Ha voluto la vista sul lago, il suo lago. Lo hanno subito raggiunto, non solo ragazzini e lui si è prestato, ha scherzato con loro. Ha lasciato una frase triste come un addio non capito: dite che avete incontrato il Presidente. Ha voluto passare di lì, fermarsi lì, in quel piccolo mondo creato quasi mezzo secolo prima. Quando tutto doveva cominciare, e cominciava da lì. Lui ha voluto salutare la vita lì dove sentiva di avere fatto il meglio. Col lago davanti, lo sguardo non più preciso che scorreva intorno. Quest’uomo che hanno dipinto coi peggiori colori aveva un cuore: lo ha regalato, per ultimo, a un bambino. Si è preparato al buio respirando per l’ennesima volta, l’ultima, la sua impresa più bella.

Tutto intorno migliaia di persone ignare vivono, si muovono nella cittadella costruita con l’ostinazione matta di un visionario, come in un presepe ovattato. I prati oltre il laghetto, e tutte quelle finestre, dai palazzi, coperte da cascate di verde. Scorre lo sguardo e pensa, questo l’ho fatto io… Ma la gente lo vede e lui non può prepararsi, non può concedere un addio a se stesso. Vengono, vogliono una parola, una foto: perché negarla, perché nascondersi ormai, anche spaventevole, se vai a morire in ospedale, il tuo ospedale, quello della cittadella, ma ormai del mondo?

L’ultimo ghiacciolo, l’ultimo sguardo al lago, ed è ora di andare per non tornare più. Stavolta è la volta. Quanto ama la vita questo vecchio mai invecchiato, e quanto lo uccide lasciarla. Ma è ora di andare, anche se i controlli non servono più niente, le parole dei medici, la stanza in ospedale non servono più a niente. È solo un conto alla rovescia. Era meglio lì, davanti al lago. Questa foto è la più brutta, la più orrenda, ma la più bella perché racconta l’addio. La generosità nell’addio. Alzarsi e andare a morire, ma prima posare con un bimbo. Il cerchio che si chiude. Non c’è più malizia, più peccato, più vanità, più esaltazione. Non c’è altro che quel gesto di pazienza e di amore. Un bimbo sconosciuto. Non dovrebbe esserci più nemmeno l’odio, ma certa gente ha solo quello, vive di quello e magari ha addosso una vita che non ha capito, che non gli è servita. Perché se resti lo stesso dall’inizio alla fine, che hai vissuto a fare.

Colpisce il pianto di tanti che non avevano ragione di mentire davanti a uno spot: il giardiniere, l’autista, l’impiegata. Colpisce il ricordo di tanti: ero solo, ero a terra, mi ha raggiunto, mi ha dato una mano. Mi ha chiesto come stavo, e non ero più solo. Sono queste le cose che fanno un uomo: non le imprese, i miliardi, il potere, le sfide abissali. Non la cittadella con il lago dei cigni. Se uno può dire di te, mi ha fatto sentire meno solo, è per quello che ti salvi. Cosa credi. Andiamo, è ora, è tempo. Che bella però la vita, e che bello questo lago d’acqua sporca coi cigni annoiati, coi pesci curiosi e la gente tutto intorno che vive e non ci pensa. Morire di primavera però, che disdetta. Ma se ho fatto tutto quello che dovevo fare, e anche molto di più, alla fine va bene così.

Perché certa gente non ha tempo per una fotografia, per lo strazio e la poesia, perché non depone mai le armi della rabbia e non rinuncia a odiare dopo la morte, e non si chiede mai cosa c’è dietro una maschera sfondata, e in un uomo che muore sa solo trovare un totem da uccidere?

Max Del Papa, 14 giugno 2023

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