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L’ultima idiozia green: tatuaggi “climatici” per non pagare il bus

tatuaggi clima © Goodshoot, Aris Leoven e Oleksandr Filon tramite Canva.com

È stupefacente la reticenza a parlare di fenomeni recenti, legati alla involuzione democratica, che fino a pochi anni fa sarebbero stati bollati a buon diritto come autoritari, umilianti, di stampo repressivo, razzistico del genere austriaco. Il greenpass per poter circolare. L’obbligo alla dose perenne. L’intrico di sanzioni, multe, punizioni per chi non si adegua. Gli obblighi e i divieti schizofrenici tipici del regime che tiene in odio la libertà non meno del buon senso, che si alimenta di paranoia: quel paio di mutande su quello scaffale lo puoi prendere, quell’altro sullo scaffale di fianco no: così, come esibizione di potenza del potere che al libero individuo dice: non sei più libero e non sei più cittadino, io ti impongo la follia e tu vedi bene che la adotti, la accetti.

Oggi il proposito europeo, già adottato o in fase di adozione, nelle principali città europee e italiane della metropoli dei 15 minuti, suddivisa in block sul genere del lager, zone quasi incomunicanti, invalicabili. I pretesti sono i soliti, la salute collettiva, quella della madre terra, e sono pretesti insensati che fanno a pugni con la scienza, credenze di stampo medievalistico, improntate a religiosità magica, punitiva – “Ma sentiamo l’esperto Luca Mercalli” – a velare una volontà di controllo sempre più ramificato e pervasivo. L’ultima trovata è precisamente austriaca e consiste in un tatuaggio climatico, un marchio, non il numero del deportato ma la scritta, “Klimaticket” che può ricordare la Greta incazzata del “come osate” così come “il lavoro rende liberi” di fosca memoria. La differenza è che nel 2023 sono i cittadini, degradati a plebe, a massa mugghiante, a chiedere il marchio, a volerlo e per cosa? Per la miseria di viaggiare gratis sui mezzi pubblici.

In Austria sono arrivati a tanto: auspicabilmente l’idea verrà esportata presto, essendo un’idea in tutto coerente con la filosofia europea dei Timmermans, degli Schwaab: non avere niente, neppure se stessi, essere liberi solo di obbedire, di scendere al livello dei cani sotto al desco. A Torino il sindaco, confortato dalla giunta regionale, vieta come niente la circolazione a centoquarantamila automobili dopo un esposto di alcuni fanatici: come se la democrazia amministrativa e rappresentativa consistesse nella viltà della fuga dalle proprie responsabilità, prima fra tutte quella di ragionare. È il tempo del “Te lo dico io”, dell’assunto non sostenuto da alcuna consapevolezza reale e scientifica, ma calato dall’alto, l’imposizione che non si discute dei tiranni o dei capi democratici al meeting dei ciellini, pronti all’ovazione. In Austria in duecentoquarantacinquemila persone su 9 milioni hanno già un Klimaticket che sarebbe un abbonamento a un migliaio di euro l’anno, con alcune oscillazioni in funzione della condizione sociale e sanitaria, per usare i mezzi; però se ti fai scrivere addosso, in pratica, “il cambiamento climatico rende liberi” l’abbonamento te lo danno gratis. Perché una volta che ce l’hai tatuato sulla pelle vuol dire che ci credi e ci crederai in eterno. Anche se, magari, tra dieci o vent’anni si tornerà alla fobia della grande glaciazione, come negli anni ‘70, poi abbandonata perché il pianeta non ghiacciava mai e allora si preferì dire che bolliva.

Così vanno le cose, così debbono andare nell’era della scienza sbandierata, della tecnica che, anche quella, rende liberi, ma solo quelli che la possiedono e possono controllare e rinchiudere tutti gli altri. È impossibile immaginare qualcosa di più sinistro, di più terrificante: ma se poi, vedi caso, ti rinchiudono, come il governo austriaco fu il primo a fare l’altra volta, a che ti serve l’abbonamento per i mezzi gratis?

A Torino, come a Londra, impediscono le auto “vecchie”, con la differenza che a Londra una sommossa quasi fa volare il sindaco Kahn dalla finestra, a Torino stanno a riempirsi la bocca coi sit-in, le raccolte di firme e il sano, caro vecchio ritorno allo statalismo omnibus in odio all’ordoliberismo che nessuno ha visto ma che suona bene. In Austria si chiude il cerchio: un ministro, quella per il Clima e l’elergia, Leonore Gewessler, la butta là durante un festival a St Pölten e subito si fanno gli “eventi” per tatuare i primi della plebe stracciona e parassitaria che difatti si precipitano, si fanno tatuare, “in forma completamente gratuita”, perché la politica attuale è magnanima coi servi, al momento sono 9, e gli danno il biglietto annuale omaggio. Se questa vi sembra politica! Se vi sembra democratica!! A noi, saremo dei nichilisti, saremo dei disfattisti incorreggibili, ricorda più l’organizzazione dei deportati, la mirabile macchina dei trasporti del Reich, con la parziale differenza che non serve stipare nessuno sui vagoni piombati: vengono da soli, accorrono da soli e salgono felici.

L’opposizione accusa la ministra Gewessler di farsi pubblicità sulla pelle della gente ed è un gioco di parole facilissimo e tutto sommato condiscendente: andrebbe detto molto altro, andrebbe detto che anche solo immaginarla, proporla una cosa del genere ha del vergognoso e del demoniaco; e non è meno tragica l’indegnità entusiasta, aproblematica, la superficialità agghiacciante di chi per un bonus si prostituisce dalla pelle all’anima, irreversibilmente.

Ma non giureremmo di avere noialtri una situazione meno ignobile, visto che l’esperimento sociale vi ha attecchito come solo in Cina e visto che la politica italiana in Europa vota quasi compatta un sistema di controllo in funzione elettorale come l’Ads. Nessuno che ricordi come, nei due anni di prigionia totalmente inutile e col senno del poi micidiale, oltre che, ma questo importò a pochi, anticostituzionale, i livelli di gas e in particolare di CO2 non calarono di una sola misura nonostante il blocco integrale della circolazione veicolare. A Torino si ha la situazione paradossale per cui consiglieri di maggioranza definiscono una cretinata e una misura sciagurata la stessa misura adottata da loro stessi o almeno dal proprio schieramento. Perché lo fanno? Per quali ragioni non dicibili arrivano ad evirarsi da soli? E vicino, passato il confine, il tatuaggio, la scritta infamante per un treno, un pullman.

Arriveranno a farsi spedire in campo di concentramento con un calcio in culo, grati, felici, e c’è solo da rabbrividire al pensiero che è tutto vero. Chi scrive di tatuaggi ne ha 27, di tutti i generi, su tutto il corpo, ma piuttosto di svendere un millimetro della propria pelle per un simile patto satanico si farebbe uccidere.

Max Del Papa, 29 agosto 2023