Anche qui siamo nel campo della fantapolitica. Va bene: Elly Schlein ha vinto le primarie del Partito Democratico presentando una mozione congressuale che nei fatti sconfessava la storia recente del Pd. Però fa una certa impressione sapere che la segretaria dem parteciperà alla raccolta firme della Cgil per indire un referendum contro una delle riforme simbolo del Pd. Ovvero il Jobs Act di Matteo Renzi.
C’è poco da restare sorpresi se poi l’elettore non sa più a che santo votarsi. Dopo giorni di tira e molla, alla fine Elly ha rotto gli indugi e – per non farsi superare a sinistra da Giuseppe Conte – ha deciso di schierarsi contro il Jobs Act. “Ho già detto che molti del Pd firmeranno così come altri non lo faranno – ha spiegato Schlein – Io mi metto tra coloro che lo faranno. Non potrei far diversamente visto che è un punto qualificante della mozione con cui ho vinto le primarie l’anno scorso”.
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Ovviamente nel partito sono già partiti i mugugni. Lorenzo Guerini, uno dei massimi esponenti dei riformisti, già critico sulla linea pacifista del Pd sull’Ucraina e Israele, ha fatto sapere che al posto della segretaria non avrebbe firmato i referendum. Lo stesso dicasi per Marianna Madia e per Piero De Luca, coordinatore dell’area che fa riferimento a Stefano Bonaccini. I riformisti sono convinti che Elly stia “guardando nello specchietto retrovisore”, proponendo misure che non uniscono il partito. Molti i contrari, a partire da Simona Malpezzi (“non firmerò e penso sia sbagliato firmare”). Nel Pd ci sarà libertà di scelta, il che salverà le apparenze, ma non basta: una cosa è lasciare “libertà di coscienza” sui temi etici, un’altra è spaccarsi su questioni prettamente politiche come il lavoro.
Renzi, giustamente, soffia sul fuoco e chiama i riformisti a una scissione. “La segretaria del Pd firma per abolire una legge voluta e votata dal Pd – ha detto il leader di Italia Viva – Finalmente si fa chiarezza. Loro stanno dalla parte dei sussidi, noi dalla parte del lavoro. Amici riformisti: ma come fate a restare ancora nel Pd?”. Anche per Calenda ormai i Guerini&co. sono “una riserva indiana”: basta guardare le liste per le Europee dove sono stati messi ai margini.
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