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L’ultima vergogna di Stato: ci aumentano pure le multe

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Dal primo gennaio dell’anno prossimo, le multe per gli automobilisti saranno più care del 10 per cento. È tutto scritto nel codice della strada, che prevede un rialzo automatico delle gabelle. La contravvenzione per divieti sosta, guida pericolosa e via dicendo saliranno di un importo pari a quello fatto segnare dall’inflazione. Il ragionamento del legislatore è spietato e iniquo. La sanzione pecuniaria è pensata in virtù del danno patrimoniale che procura al trasgressore. E siccome la moneta si è svalutata, la multa, è il ragionamento di chi ci governa, perderebbe di sua efficacia: farebbe meno male. Per questo la pena si deve adeguare al nuovo potere di acquisto della moneta.

Ciò che non viene considerato è che in un mondo ad alta inflazione, come l’attuale, il consumatore è già danneggiato. Il costo del suo carrello della spesa, il prezzo dei carburanti e delle stesse automobili, è cresciuto e ha ridotto il suo reddito disponibile. L’aumento delle multe, non fa altro che peggiorare la situazione patrimoniale di chi se la vede già compromessa. È come iniettare più veleno a chi è già stato avvelenato dal virus dell’inflazione. Una follia. E anche l’effetto sanzionatorio non muta. Avendo gli italiani meno reddito disponibile, anche una piccola multa, diventa per loro incomparabilmente più grande, nonostante non lo sia in termini monetari.

A meno che qualcuno ritenga che milioni di automobilisti riescano a compensare sui loro stipendi l’aumento d’inflazione. Come dire: il costo della vita è aumentato del 10 per cento, e di pari passo anche il tuo stipendio. Tutto ciò non sta avvenendo. Se i nostri redditi si adeguassero in modo automatico, come lo Stato pretende con le sue multe, ci ritroveremmo nel pasticcio degli anni Settanta. In quel vortice di aumento della vita, aumento degli stipendi, aumento dei costi, e di nuovo per questa via maggiore inflazione: il cane che si morde la coda.

Con un referendum gli italiani responsabilmente cancellarono quell’indicizzazione. E oggi il governo la pretende per i suoi affari. Occorre ricordare infine che l’inflazione, cioè un aumento generalizzato dei prezzi, colpisce sempre e comunque i più deboli. Anche in presenza di adeguamenti di stipendio. Le fasce lavorative più basse, sono quelle che riescono a farsi riconoscere incrementi di stipendio con maggiore difficoltà e soprattutto in ritardo rispetto alla fiammata dei prezzi. I lavoratori autonomi non hanno spesso la possibilità di ribaltare sui propri clienti parcelle e fatture più alte. Coloro che iniziano a lavorare sono nella medesima condizione.

Si è sempre universalmente riconosciuto come l’inflazione sia la più iniqua delle tasse. E se ha questa ci aggiungiamo anche l’aumento delle tariffe e delle multe di stato, compiamo il delitto perfetto. Come ammazzare fiscalmente i più deboli. Bel risultato.

Nicola Porro, Il Giornale 10 settembre 2022