Altro che Prima Repubblica. Qui siamo nettamente oltre: siamo al post grillismo, al dimaismo inteso come navigare a vista per cercare di tornare in Parlamento senza riuscirsi. Luigi Di Maio non smette mai di sorprenderci, ma sul serio. Prima dice di essere contro i taxi del mare e poi si scaglia contro la chiusura dei porti. Una sera va a braccetto con i gilet gialli e quella dopo limona con Emmanuel Macron. Reddito di cittadinanza sì, reddito minimo boh. Poi un giorno, auto-convintosi di essere un ottimo politico, molla il Movimento Cinque Stelle per salvare il governo Draghi, finisce con affossare Supermario, fonda un movimento tutto suo, fa l’accordo con “il partito di Bibbiano”, prende una cantonata mastodontica, resta tagliato fuori dalle Camere e ora…. ora si dimette pure da segretario di Impegno Civico. La creatura meno duratura della storia della Repubblica.
Di Maio si dimette
La notizia, che poi sembra più una barzelletta, la apprende in serata l’Adnkronos. Stando all’agenzia di stampa, l’ex ministro degli Esteri (da oggi sostituito da Antonio Tajani) non è più il segretario nazionale di Impegno civico: le dimissioni sono state ufficializzate nella giornata di oggi e comunicate al Direttivo del partito. L’Ape Maio non c’è più.
Il fallimento di Impegno Civico
E pensare che qualcuno di aveva pure creduto. Giovani candidati illusi che una creatura nata a due mesi dalle elezioni potesse davvero riuscire a portare qualcuno in parlamento. Nel risultato dello 0,6% sta l’immagine plastica di un fallimento. L’unico ad entrare in Parlamento è stato quel drago (politico) di Bruno Tabacci, che è riuscito a sfruttare la poca immagine del fu Di Maio per farsi piazzare in un contendibile collegio uninominale a Milano. Però il partito Impegno Civico “era” Di Maio. Una sorta di contenitore personale. Le dimissioni odierne dell’ex ministro chiudono un cerchio, decisamente fallimentare. Ed è probabile che non ne riaprano un altro. In fondo è come se si fosse dimesso da se stesso.