L’ultimo strascico dei lockdown: tra i giovani dilagano bulimia e anoressia

Uno studio condotto in Italia su un campione di 36.000 soggetti conferma: +36% di disturbi alimentari

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Il 18 marzo il presidente Mattarella ha celebrato la terza giornata delle vittime dell’epidemia di coronavirus, ricordando che ciò tre anni fa abbiamo vissuto “uno dei momenti più drammatici della storia della Repubblica”. “In questa giornata – ha tenuto a sottolineare il Capo dello Stato – rinnovo sentimenti di partecipazione al dolore dei familiari delle vittime e nello stesso tempo esprimo riconoscenza a quanti hanno contribuito a contenere un pericolo così grave, improvviso e pervasivo, tale da mettere a repentaglio la salute pubblica globale. L’impegno profuso nello scongiurare le conseguenze della pandemia – non ancora pienamente debellata – costituisce un patrimonio di valori fondamentali da preservare per esser in condizione di far fronte a ogni sfida di portata internazionale.”

Le conseguenze dei lockdown

Ora, al di là dell’opinabile interpretazione catastrofista di un virus che non ha mai rappresentato un serio problema per le persone sane, il nostro massimo garante della Costituzione sembra dimenticare che, oltre alle vittime del Sars-Cov-2, ovvero una platea di poveretti molto anziani e affetti da alcune gravi patologie pregresse, vi è un gran numero di persone anche molto giovani che ancora oggi soffrono le conseguenze delle insensate chiusure che hanno paralizzato per molto tempo la vita sociale ed economica del Paese.

Tant’è che quasi in concomitanza con la triste ricorrenza delle vittime del Covid-19, il 15 marzo si è celebrata la “Giornata nazionale del Fiocchetto Lilla, dedicata ai disturbi alimentari.” Disturbi alimentari, soprattutto legati ai fenomeni di anoressia e bulimia, che durante una pandemia gestita con metodo cinese sono cresciuti in modo esponenziale soprattutto tra i più giovani.

Lo studio sui disturbi alimentari

Secondo uno studio condotto in Italia su un campione di 36.000 soggetti, e pubblicato alcuni mesi addietro dall’International Journal of Eating Disorder, è emerso che durante la pandemia si è registrato un aumento del 36% dei sintomi associati a disturbi alimentari provocando un vero e proprio boom di ricoveri, cresciuti del 48% in pochi mesi. In un articolo pubblicato sul tema da Matteo Balestrieri, professore ordinario di psichiatria all’Università di Udine, e da Claudio Mencacci, direttore emerito di neuro-scienze e salute mentale all’ASST Fatebenefratelli-Sacco di Milano, si punta il dito proprio contro gli effetti devastanti delle restrizioni sulla salute psichica di tante, troppe persone.

Per approfondire

“Questo rapporto alterato con il cibo – si legge in particolare nell’interessante commento -, il disagio psichico, la limitazione di accesso alle cure sono stati e sono tuttora un “trinomio” drammatico per i pazienti con disturbi alimentari. Lo vedevamo ogni giorno nella “real life”, oggi è confermato dagli studi: il contesto pandemico, l’isolamento, la perdita di punti fermi, l’incertezza del futuro hanno acuito le fragilità di questa classe di pazienti che nel quotidiano si sono tradotte nella ricerca di più cibo, quale atto compensatorio e premiante dell’incapacità di accettare e gestire il cambiamento repentino della routine e le conseguenze che Covid ha generato”.

La follia dei lockdown

Ebbene, tornando a bomba, viste le dimensioni del fenomeno e considerata la gran massa di coloro i quali, sempre a causa della paralisi determinata dai lockdown e dalle più rigide restrizioni imposte in Occidente, non hanno potuto accedere con tempestività alle cure per tante altre malattie gravi, perdendo in molti casi la vita, forse sarebbe il caso di commemorare, a fianco delle vittime della pandemia di coronavirus, anche le vittime innocenti delle medesime restrizioni, in gran parte rivelatesi inutili e controproducenti.

La Germania ha fatto autocritica. E noi?

A tale proposito, forse è il caso di segnalare al nostro illustre presidente della Repubblica che in più parti del mondo, alla spicciolata, è in atto un profondo ripensamento sulle stesse misure anti-Covid, con tanto di pubbliche scuse rivolte alla popolazione. L’ultimo della serie è stato il ministro della Salute Tedesco, Karl Lauterbach, il quale alla fine di febbraio ha espresso una clamorosa autocritica, dichiarando che “il lockdown era una misura sbagliata”, dopo esserne stato un strenuo sostenitore. E lo ha fatto proprio osservando le gravi conseguenze psichiche che le stesse misure hanno determinato sugli individui in formazione. Consapevole dei gravi errori commessi, Lauterbach ha affermato che “nel futuro, la difesa del benessere dei bambini deve venire per prima”.

La speranza, quella seria, è che pure nell’ambito delle nostre più alte istituzioni inizi si manifesti un processo di autocritica in merito ai danni, evitabilissimi, prodotti dalle misure imposte per contenere un malattia non mortale per il 99,9% della popolazione, dipinta come la peste del terzo millennio.

Claudio Romiti, 19 marzo 2023

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