Sì, l’utero in affitto è un’orribile compravendita di bambini

Michela Marzano sulla Stampa si arrampica sugli specchi per cercare di giustificare la gestazione per altri. Ma è mercificazione del corpo umano

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Forse bisogna scomodare addirittura Vilfredo Pareto per provare a capire cosa sia passato per la testa di Michela Marzano autrice di un articolo su La Stampa dal titolo: Lo stigma dei ‘bambini comprati’. Il grande sociologo torinese aveva infatti definito “derivazioni” le giustificazioni apparentemente “razionali” con cui gli individui cercano di camuffare le loro scelte dettate dalle passioni, comprese quelle dell’ideologia, e dall’interesse.

In questo caso l’interesse della Marzano era quello di trovare un argomento, possibilmente “originale”, per dare addosso alla legge che rende reato “universale” la cosiddetta “gestazione per altri”, più conosciuta come “maternità surrogata”: cioè che non riconosce i figli generati all’estero su commissione da parte di coppie italiane, etero o diversamente sessuali poco importa. Perché interesse della Marzano fosse quello è presto detto: se scrivi su un giornale del gruppo Gedi o similare devi dismettere la tua capacità di pensare in autonomia e seguire la linea che ti è imposta. Certo, puoi anche non farlo, rivendicare il tuo diritto di pensare in libertà, cioè di essere filosofo e basta. Ma allora esci dal giro e i tuoi libri resteranno confinati nelle aule accademiche, in tv non andrai mai, non ti inviteranno più di diritto ai tanti festival di filosofia e simili politicamente orientati che si trovano in giro per l’Italia. D’altronde, non si spiegherebbe altrimenti il successo di una studiosa “normale” come la Mazano, che certo non ci ha lasciato finora opere epocali.

Per approfondire

Ma ritorniamo a Pareto e alle sue “derivazioni”, e soprattutto all’articolo della Stampa. All’autrice toccava dimostrare una tesi alquanto peregrina, cioè che la legge passata alla Camera avrà come effetto di far sentire “bambini comprati”, e quindi di serie B, quelli che sono stati appunto “comprati” (non riesco a trovare altro termine) da genitori facoltosi in cerca di un egoistico desiderio di figliolanza. E che, specularmente, sono stati “venduti” da donne in assoluta necessità che certo non hanno vissuto come un pranzo di gala la loro riduzione a corpo meramente riproduttivo. Come se fosse la legge a determinare una percezione che c’è già oggi e per il semplice fatto che, più che una percezione, è una realtà: quei bambini sono stati effettivamente comprati e venduti, e quindi, come avrebbe detto un marxista classico, ridotti a cose (reificati) e ad altro da sé (alienati), cioè a merci. E come se non fosse proprio al fine di evitare questa situazione che la legge sia stata concepita, in nome di un diritto vero, quello alla dignità di un bambino, che è un individuo come gli altri e non può essere il “prodotto” di un capriccio genitoriale.

Fa un certo effetto vedere poi la Marzano, che aveva cominciato la sua carriera con indagini sulla corporeità e sulla sessualità, farsi ora paladina di una concezione che esalta proprio quella mercificazione del corpo umano che aveva in altro contesto così fortemente denunciato.

Corrado Ocone, 29 luglio 2023

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