Un po’ si era capito, anzi si era capito tutto. Perché quando un generale in capo all’Arma dei carabinieri si allarga e allaga con pipponi a metà fra Ilaler Salis e Casarini il senso è chiaro. “Cambiare la legge sull’immigrazione”, ordina Teo Luzi, “se ne occupi il parlamento sovrano” e siamo già al lapsus freudiano, rivelatore, per dire: io. Quo vadis, Teo? Il generale in scadenza, e non è un caso, predica l’integrazione onirica a colpi di “ius”, cita i fulgidi esempi di Francia, Germania, Regno Unito dove l’integrazione ha attecchito a tal punto che cercano di buttarne fuori a più non posso, faticando a mantenere il controllo sociale e legale.
L’Europa è contro-colonizzata grazie alla sua mollezza affaristica, la profezia del politologo Sartori si è ampiamente avverata: in Inghilterra la sharia è cosa fatta e gli islamici rispondono solo alle loro leggi, ai loro tribunali, oltre le Alpi sono letteralmente sotto assedio, “La Francia siamo noi” e bruciano tutto; in Germania, nei Paesi Bassi, più su fino nei nordici è gara a chi se ne sbarazza il più velocemente e in massa possibile e la ragione è chiara: trent’anni di politiche visionarie e non di rado ladronesche hanno portato allo sbaraccamento dello stato sociale fornendo in cambio irrisorie conferme di integrazione e di collaborazione; la verità è che tre generazioni di sacri migranti hanno portato solo l’afflusso di culture tribali, ispirate a tutto ciò che è incompatibile con lo Stato di diritto che ne esce travolto, subculture per niente disposte ad adattarsi alle regole democratiche e la soluzione, in tutti i Paesi europei non orientali, è stata la stessa: tolleranza al limite della viltà, omertà, lassismo a oltranza a fronte di una violenza sempre più ingombrante, impossibilità di confrontarsi sui lineamenti della legge comune come tra alieni.
Quanto a dire abbozzare, subire, assicurare sempre più diritti, a scapito dei locali, senza ottenere in cambio il minimo ordine sociale; un porgere l’altra guancia pazzoide o cinicamente irresponsabile. All’interno della contraddizione somma per cui l’Occidente si spinge a dare la caccia ai terroristi nei Paesi d’origine, pretendendo di estirparli dal mondo ma lasciandoli penetrare in Europa liberi di imporre i loro fanatismi, lo stato di allerta permanente ovviato da un controllo puramente passivo. Questi vagheggiati “nuovi italiani” sono culturalmente sempre più chiusi e aggressivi: l’indottrinamento dei nuovi terroristi, sempre più giovani, parte dai Paesi che li ospitano ed è traversale per censo, per classe: servirebbero, certo, modelli culturali capaci di neutralizzarne i furori, ma nessuno è in grado di proporli come di accettarli. I disperati delle periferie non ragionano diversamente dai privilegiati in fama di rapper o trapper: è tutto un inno alla violenza, alla strage, a quei soldi facili che trovano qua e che giudicano negati in patria da un Occidente che fa il comodo suo. Il liberismo dei ricchi ha attecchito, ma in modo perverso, fomentando sensibilità predatorie invece che istinti di cooperazione sociale.
Se ne può discutere così come si può discutere sugli orientamenti di un generale a capo dell’Arma che, tuttavia, si espone in modo inusuale al punto da creare fratture all’interno del Corpo. Con un sindacato Unarma che gli manda a dire: queste sono opinioni spericolate ma tue, non ci rappresenti più, ancora devi smettere la divisa e già parli da politico. Per dire noi sbirri non ci ritroviamo nel tuo Paese delle meraviglie, che peraltro scopri sulla soglia d’uscita. Luzi lo ha naturalmente messo in conto e l’intervista che gli fa il Corriere è strategica: subito il sindaco di Milano, Beppe Sala, parte con l’endorsement e a questo punto da sospetto a probabilità, da probabilità a quasi certezza: manca solo l’annuncio ufficiale dell’imbarco a sinistra, vedremo tra un attimo in quale nicchia di mercato. Così vanno le cose, così debbono andare in Italia: il generale pensionando, ma con una carriera nuova di zecca nel “parlamento sovrano”, riscuote solo plausi, la sinistra delle maestrine che scendono in piazza a sputare in faccia alla manovalanza in divisa, che insulti carabinieri e poliziotti, li provoca sapendoli impossibilitati a reagire, per questa volta fa un’eccezione, si innamora. Tutt’altro discorso quando un Vannacci che ha precorso i tempi, da generale a europolitico, spara le sue verità o enormità: lì, subito, parte il coro delle prefiche, “ah, inaudito, inammissibile, la divisa, il rispetto delle istituzioni, dove li mettiamo?”.
Vannacci sarà pure un nostalgico del peggio, si circonderà pure di tipacci rimasti al vittimismo ringhioso della destra più fosca, ma questo Teo Luzi che fa di diverso? Non strizza forse l’occhio agli orfani del compagnismo opportunistico che sognano integrazioni impossibili? E che la sua sia operazione a tavolino, gemella del generale del “mondo al contrario”, non lo insinuiamo noi, a Milano, nei giri che contano, lo dicono tutti senza mormorare: c’è la nuova alleanza Pd–Avs–Forza Italia, nelle cui fila si pronostica il generale folgorato sulla via Padova, strada milanese di integrazione clamorosamente fallita. Sì, Teo Luzi dovrebbe, secondo tutti i pronostici, finire nelle truppe del general Tajani, dove un generale dell’Arma è più accettabile che nel partito degli anarcoidi sovversivi alla Salis.
Luzi è la risposta progressista al reazionario della X, la famigerata Decima e magari ce lo ritroveremo a cantare sul palco di qualche stalentato propagandista in disarmo. Geneticamente modificati anche i militari, non più “usi a servir tacendo e tacendo morir”: questi sono più ciarlieri delle comari e dei politici che appena possono, raggiungono. Saranno anche finite le ideologie ma siamo sempre a braccio teso contro pugno chiuso, ai generali che fanno le loro scelte di campo, conquistano la politica che considerano come prolungamento o rinnovamento di un potere che stanno per perdere, che non vogliono perdere. “Nei secoli fedele”, ma a chi?
Max Del Papa, 11 ottobre 2024
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