Il 4 dicembre 2016 prima, il 4 marzo 2018 poi, i cittadini italiani hanno espresso i loro pensieri-desiderata in modo inequivocabile (diciamo al 70%). Ora si tratta di andare a nuove elezioni, possibilmente senza la sceneggiata del tecnico di turno (la politica non è un impianto idraulico o elettrico) possessore dell’ennesima ricettina economica da tesi di laurea.
M5S e Centrodestra, alla luce del fallimento precedente, devono dichiarare in anticipo che qualora non riuscissero ad avere la maggioranza assoluta per governare in solitudine, hanno già negoziato un governo congiunto da proporre al Presidente Mattarella il giorno dopo l’apertura delle urne, infiocchettato a dovere secondo le norme del politicamente corretto (solo formale, of course).
Mi permetto di suggerire a entrambe le forze politiche di usare un linguaggio composto su alcuni temi, evitando le solite, insopportabili sparate su Europa, euro, immigrazione, utili solo ai perdenti nelle urne a tornare in gioco, almeno dialetticamente.
Per esempio:
1) Euro. A qualsiasi persona di buon senso (persino a un vecchio signore come me che lo scrivo da anni, motivandolo) non verrebbe mai in mente di abbandonare l’euro. Non è una moneta politica, ma contrattuale, nel senso che abbiamo firmato dei contratti che devono essere onorati. Una rottura unilaterale avrebbe costi proibitivi, punto. Prevedo che, quando non converrà più a loro, saranno tedeschi, olandesi, scandinavi ad abbandonare l’euro.
2) Europa. Idem come sopra. Ipotizzare un’uscita dall’Europa sarebbe un’idiozia pura. Si prenda atto che l’Europa attuale è governata da paesi canaglia (Germania, Francia, Paesi del Nord), canaglia nel senso che interpretano l’alleanza privilegiando i loro interessi nazionali a quelli comunitari, come sempre hanno fatto, e come è giusto che sia. Si impone un’alleanza (democratica) di tutti i Paesi dell’Est e del Sud Europa che hanno interessi nazionali divergenti da quelli del centro e nord Europa. È ciò che è avvenuto in tutte le confederazioni, da quella americana a quella svizzera (qua avviene tuttora).
3) Immigrazione. Qua la soluzione c’è ed è già operativa da alcuni anni. Basta applicare alla Libia il modello “turco”, voluto da Angela Merkel e pagato da tutti noi, che ha “seccato” gli arrivi attraverso il canale balcanico. Sfugge ai più la differenza fra “blocco terrestre” (campi di concentramento con kapò turchi) e “blocco navale” (campi di concentramento con kapò libici). O si smantella il modello turco o se ne crea uno libico, tal quale. Tertium non datur. L’attuale comportamento delle élite europee, voltarsi dall’altra parte quando Erdogan fa il kapò in nome e per conto della Germania e dei Paesi del Nord Europa, insultarlo quando si comporta da leader di un paese canaglia com’è la Turchia, che massacra i nostri alleati curdi e mette in galera i suoi avversari politici e personali, è insopportabile. Decidetevi, è un alleato o è un nemico? Canaglia sempre.
4) Interesse nazionale. Questa è la parola chiave che terrà banco nei prossimi dieci anni, i partiti che non la sapranno declinare saranno puniti dagli elettori. Si applica all’euro, all’Europa, all’immigrazione, all’economia. C’è arrivato persino Carlo Calenda (il Macron de noaltri), che ha finalmente capito di che pasta sono fatti i macroniani. C’è chi si chiede: chi è deputato a stabilire cos’è interesse nazionale? In una democrazia ovvia la risposta: i cittadini elettori. Punto. Nei momenti di crisi la rappresentatività deve sempre prevalere sulla governabilità. Un’ovvietà.
Riccardo Ruggeri, 8 maggio 2018