Ingorato dai sindacati

“Ma dove andate?”. Calenda costretto a rincorrere gli operai

La scena epica e quella battaglia del leader di Azione contro Repubblica, Stellantis e i sindacati

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Carlo Calenda magneti

Che peccato, Carlo Calenda. Che peccato. Perché stavolta l’ex ministro avrebbe anche le sue ragioni, ma il risultato mediatico dell’odierno blitz contro la Cgil, la Fiom e Landini rischia di ritorcerglisi contro.

Riassumiamo brevemente. Il leader di Azione oggi è andato a Crevalcore, in Emilia Romagna, per incontrare i lavoratori della Marelli che da giorni protestano contro la chiusura dello stabilimento. Carletto voleva dir loro la seguente cosa: “La verità sull’automotive in Italia e sulla connivenza di una parte del sindacato con la famiglia Elkann“. Una battaglia dettata dalla convinzione che “un Paese ha bisogno di un sindacato forte e un sindacato forte è un sindacato indipendente”.

Le sue accuse Carletto le aveva messe nero su bianco in un post su Facebook: “Da ILVA a Alitalia. Da Magneti Marelli a FCA. C’è in Italia un’alleanza tra populismo sindacale e populismo politico – coperto da giornali di sinistra ma solo quando essere di sinistra non tocca gli interessi del loro editore – che impedisce di affrontare seriamente i processi di trasformazione industriale”. Calenda citava le “dichiarazioni entusiaste sull’acciaio green di Stato (Zingaretti); le finte cordate italiane per Alitalia; le garanzie date al buio agli Elkann per pagarsi i dividendi (Conte-Gualtieri); l’incapacità di esercitare la golden power non per proibire ma per regolare le cessioni”. E faceva notare l’anomalia della “traiettoria di carriera personale dei leader sindacali” che “finiscono regolarmente nelle liste elettorali del Pd”, sintomo di “quanta poca indipendenza dalla politica sia rimasta nelle organizzazioni dei lavoratori”. “È tempo di dire le cose come stanno per quanto spiacevoli possano essere – scriveva – Andare alla Marelli senza dire una parola su la desertificazione dell’ automotive ma chiedendo solo un generico ‘intervento del Governo’ e senza affrontare la questione della fuga dall’Italia e dai fornitori italiani di Stellantis, come fatto dalla Schlein ieri è un comodo alibi”.

Il ragionamento fila. Il problema è che, mediaticamente, l’effetto della visita odierna di Calenda difficilmente sarà quello sperato. Le ragioni resteranno sullo sfondo mentre l’attenzione sarà tutta per quella scena pronta per Paperissima Sprint: lui che avanza deciso, gli operai che si girano di spalle e se ne vanno; lui che cerca di rincorrerli e loro che improvvisano un’assemblea senza ascoltare il parlamentare. Ora: Calenda sapeva a cosa sarebbe andato incontro. La Cgil aveva già fatto sapere che non sarebbe stato un gradito ospite, viste le sue accuse al sindacato e a Maurizio Landini, ma lui c’è andato lo stesso. Ha avuto anche del fegato, per carità. Ma è difficile dire se il risultato sia stato positivo per la sua immagine: “Ma dove andate”, ha provato a fermarli. “Non mi volete parlare?”. Scena epica.

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