2. Il Pci votò contro l’istituzione della Commissione Antimafia e attaccò continuamente Giovanni Falcone.
3. Il Pci votò contro il carcere duro ai mafiosi.
“Noi – ribadisce Pomicino – non abbiamo mai detto che il Pci fosse sensibile agli interessi mafiosi… ma ci sono molti indizi… Indizi dello stesso valore non ci sono stati a carico della Dc.” Ma un uomo, secondo o ministro, è forse in grado di rispondere oggi alle molte domande, è Gianni di Gennaro, passato, in quegli anni, dalla Direzione Centrale Anticrimine a Capo della Polizia e sempre sulla breccia, il quale dovrebbe conoscere ciò che stava accadendo ed è accaduto dal 1990 in poi, nessuno ha mai avuto interesse a sentirlo. Magari si è ancora in tempo. Pomicino ricorda nitidamente che: “Fu Andreotti a dirmi che fu proprio De Gennaro ad informarlo dell’avviso di garanzia per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa”.
Il libro è anche impreziosito dalla prefazione di un principe del giornalismo, Ferruccio De Bortoli, che si sofferma ovviamente sull’autore, lodando “la sua esperienza e anche quell’arguzia tutta partenopea che fa della pratica quotidiana quasi una filosofia di vita”, ma anche sul flop del premier nella corsa al Colle. “Se Draghi avesse avuto un po’ di sottigliezza, o se vogliamo di scaltrezza Dc, non si sarebbe mai candidato o semi candidato al Quirinale”, né avrebbe potuto pensare che a succedergli potesse essere un altro tecnico, Vittorio Colao o Daniele Franco. Ma De Bortoli e Pomicino divergono sui cosiddetti “poteri forti” che, secondo l’ex direttore del “Corriere della Sera”, non l’hanno mai convinto. Viene da chiedersi: non sono stati proprio i ‘poteri forti’, Bazoli e Mediobanca in testa, a nominare De Bortoli per due volte direttore del “Corriere”? Anche questa volta o ministro, ha ragione.
Luigi Bisignani, Il Tempo, 27 aprile 2022