Sia chiaro: anche un solo femminicidio è un femminicidio di troppo. Ma l’ondata emotiva legata alla morte di Giulia Cecchettin, uccisa brutalmente dall’ex fidanzato Filippo Turetta, non deve condizionare la realtà dei fatti. Negli ultimi giorni si sono moltiplicate le denunce di presunto allarme sociale, con numeri tirati a caso nella stragrande maggioranza dei casi. C’è chi ha parlato di 100 femminicidi, chi di 105 e ancora chi di 110. Dati tutt’altro che precisi, come confermato anche dal prefetto di Padova Francesco Messina. L’errore è quello di chiamare femminicidio ogni caso con vittima una donna. Nulla di più sbagliato.
Il femminicidio è l’omicidio di una donna per motivi di genere, non è l’omicidio sic et simpliciter: questa è l’indicazione contenuta nella convenzione di Istanbul (Trattato internazionale contro la violenza sulle donne e la violenza domestica, approvata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa il 7 aprile 2011 ed aperta alla firma l’11 maggio 2011 a Istanbul, ndr). Per questo motivo i femminicidi in Italia nel 2023 non sono oltre 100, come cerca di spacciare l’osservatorio di Non una di meno, ma 40 (o 39 per femminicidioitalia.info).
Ad esempio, i casi di donne uccise per criminalità comune al di fuori del contesto familiare non sono da considerare femminicidi. Ma sono tanti i fattori di cui tenere conto. Non rientra nel fenomeno il caso di un anziano che uccide la moglie malata e poi si toglie la vita. È il caso di Rosaria Di Marino, 75enne uccisa lo scorso 20 settembre dal coniuge Luigi Abbate, entrambi molto malati. Stesso discorso per il figlio tossicodipendente che uccide la madre in un momento di follia, per il fratello che ammazza per questioni di eredità o per la nuora che ammazza la suocera. Nell’elenco dei 39-40 femminicidi rientrano tutte quelle povere donne ammazzate nell’ambito domestico, in cui l’essere donna è l’elemento essenziale del reato: in altri termini, il killer non accetta la separazione, l’allontanamento, il rifiuto o la voglia di libertà. Purtroppo gli esempi sono tanti: da quello di Giulia Cecchettin a quello di Giulia Tramontano, fino a Giulia Donato, primo femminicidio del 2023.
Agire sul piano educativo e culturale contro la piaga dei femminicidi può aiutare ma i numeri sono perentori: dal 2018 il fenomeno è nettamente in calo da tutti i punti di vista. Per questo risulta rischioso confondere le acque e definire femminicidio quello che femminicidio non è. Quindi basta sparate sul patriarcato, il nemico pubblico numero uno per certi soloni. Anche in questo caso i numeri ci offrono un assist: in cima alla drammatica classifica ci sono Paesi del nord Europa che hanno modelli opposti.
Massimo Balsamo, 25 novembre 2023