Da ormai otto anni a questa parte va avanti il solito ritornello sulla Brexit e sul presunto suicidio del popolo britannico. I soliti noti accendono i riflettori sulla catastrofe economica per Londra a causa dell’addio all’Unione europea: attività chiuse, settori in difficoltà, famiglie in ginocchio. Ma i numeri raccontano altro e sempre con maggiore forza. E non ci riferiamo solo all’indipendenza rispetto a Bruxelles, che permette al Regno Unito di non dover dipendere dal veto di Tizio o di Caio. Parliamo di dati, cifre, evidenze.
Secondo una ricerca firmata da Make UK e riportata dal Times, i produttori britannici possono guardare con fiducia a un’era di crescita. Il settore manifatturiero è pronto a raccogliere i frutti del boom, tale da poter rappresentare il 15 per cento del prodotto interno loro del Regno Unito. Una significativa inversione del trend, considerando il progressivo calo dal 25 per cento degli anni Settanta al 9,4 per cento registrato dodici mesi fa.
Il sondaggio è stato condotto su oltre duecento dirigenti del settore manifatturiero: un terzo di loro ritiene che il Regno Unito stia aumentando la competitività rispetto a Germania e Francia e una percentuale piuttosto simile ritiene che il Paese stia superando Spagna e Italia. Dopo anni molto difficili a causa della pandemia e dell’aumento dei prezzi dell’energia, si moltiplicano i segnali positivi: quasi la metà dei produttori, il 44,4 per cento, ritiene che la situazione nel manifatturiero migliorerà.
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L’orizzonte è luminoso, con buona pace dei professionisti della polemica sulla Brexit. Nonostante i venti contrari derivanti dalle sfide economiche prolungate, dall’instabilità geopolitica e dai costi dell’energia, il settore manifatturiero viaggia verso una crescita senza precedenti grazie a investimenti, espansioni in nuovi mercati e accelerazione dell’uso delle nuove tecnologie. Il 71,2% delle aziende vede l’adozione di nuove tecnologie digitali come un modo per aumentare l’efficienza operativa, mentre oltre la metà (52,2%) vede l’intelligenza artificiale generativa aumentare la produttività della propria forza lavoro. “Ora vediamo qualche speranza che le condizioni possano migliorare, in un contesto politico più favorevole e stabile, ma questo deve essere cementato all’interno di una strategia industriale a lungo termine”, ha affermato Stephen Phipson, amministratore delegato di Make UK.
Sembrano lontani quei tempi in cui espertoni e professori di ogni caratura profetizzavano il fallimento di Londra. Le tarantelle sul “completo disastro” rappresentato dalla Brexit, le riflessioni e i panel sulla “situazione perdente” per Uk e Europa, i pianti disperati ribattezzati “Bregret”, neologismo creato dalla crasi tra Brexit e regret. Ma la realtà è un’altra cosa e i fatti contano sempre più delle parole: basti pensare ai passi da gigante nello sfruttamento delle libertà sbloccate per affrontare le sfide generazionali. Dalla campagna vaccinale anti-Covid agli accordi commerciali, fino alla ripresa del controllo dei confini: vittorie che i soloni non citano mai. Ma non è tutto. Una recente inchiesta firmata Reuters ha evidenziato come le condizioni dei lavoratori britannici siano migliorate proprio grazie alla Brexit, tra salari in rialzo e maggiore flessibilità.
Massimo Balsamo, 9 gennaio 2024