Se la sinistra non ci fosse bisognerebbe inventarla. L’occasione per nuove polemiche è arrivata nelle scorse ore, con le dimissioni di Francesco Spano, nominato una decina di giorni fa a capo di gabinetto del Ministero della Cultura. E questa volta i compagni si sono superati: non avendo altre idee, hanno tirato in ballo l’omofobia. Nessun passo indietro, ma un attacco organizzato contro un omosessuale.
“Se le motivazioni sono quelle (tenuissime) che leggo, le dimissioni di Francesco Spano da capo di gabinetto sono un sacrificio umano sull’altare barbarico di omofobia e odio per la diversità venerato dai compagni (camerati) di partito del ministro Giuli, il quale aveva giustamente provato a resistere. Non certo una vittoria di virtù e trasparenza, ma una brutta storia di caccia al diverso”, il j’accuse del rettore amato dai compagni Tomaso Montanari. E come lui tanti altri pseudo-intellettuali di sinistra, che non hanno neanche provato a leggere le varie ricostruzioni dei giornali.
Spano si è dimesso oggi per “il contesto venutosi a creare, non privo di sgradevoli attacchi personali”, che “non mi consente più di mantenere quella serenità di pensiero che è necessaria per svolgere questo ruolo così importante”. Certo, il braccio destro di Giuli era finito nel mirino dell’associazione Pro Vita e Famiglia, che ha acceso i riflettori sulla vicenda del 2017 quando Spano guidava a palazzo Chigi l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali: gli veniva contestato di aver assicurato un finanziamento di 50 mila euro a un’associazione Lgbtq accusata di organizzare traffici di prostituzione. Ma questo non significa che qualcuno lo abbia spinto al passo indietro. E anche in questo caso l’omofobia non c’entrerebbe niente, con buona pace di chi è ossessionato.
Ma perchè i compagni hanno immediatamente tirato in ballo la presunta avversione per l’orientamento sessuale di Spano? Qui troviamo la risposta sulle sue dimissioni. Bisogna infatti fare riferimento alle anticipazioni di Report, che aveva annunciato un servizio sul “nuovo caso Boccia, ma al maschile”, dove a essere coinvolti ci sono anche “alte cariche di Fratelli d’Italia”. In più, le indiscrezioni secondo cui Spano, da segretario generale del Museo nazionale delle arti del XXI secolo, avrebbe rinnovato il contratto da collaboratore retribuiti all’avvocato Marco Carnabuci, ossia il marito. E proprio qui emerge un dettaglio tutt’altro che irrilevante: la chiamata al Maxxi dell’avvocato risale alla gestione di Giovanna Melandri, volto di spicco del Partito Democratico, quando però i due non erano ancora una coppia. Chiamata in causa, anche lei ha immediatamente puntato il dito sull’omofobia, un classico: “Quello che è in corso è un orribile regolamento di conti di una destra omofoba”.
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Certo: la nomina di Spano era stata vista con una certa avversione in FdI, visti i suoi trascorsi all’Unar. E le cronache parlamentari parlano di una furiosa lite in pubblico fra Federico Mollicone, presidente dell Commissione Cultura di FdI, e la sorella di Giuli, storica portavoce di Francesco Lollobrigida. Robe tipo: “Non voglio parlare con te”, “E allora che fai, mi minacci?”.
Ma l’omofobia non c’entra nulla, se non a creare scompiglio e provare a distogliere l’attenzione dal vero nocciolo della questione. E poco importa se in qualche chat di FdI c’è qualche solone che definisce Spano un “pederasta”: fortunatamente il responsabile è stato escluso da gruppo e avrebbe lasciato l’incarico ricoperto a livello territoriale. Qui il problema riguarda il fedelissimo di Giuli e il presunto contratto di consulenza del marito con il Museo da 14 mila euro.
Persino su una vicenda così chiara e lineare, accuse folli e ingiustificate non sono venute meno. E sono gli stessi, i compagni, che per il caso Sangiuliano hanno invocato le dimissioni dal giorno 1 della scoperta di Maria Rosaria Boccia. Per Sangiuliano era corretto, per Spano no, è omofobia, è odio per gli omosessuali. Contenti loro contenti tutti.
Franco Lodige, 23 ottobre 2024
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