Insegnate ad un ragazzo la letteratura italiana, le donne, i cavalier, l’arme gli amori, le cortesie, l’audaci imprese e avrete, forse, un giovane curioso del mondo e disponibile a lavorarci con rischio e con rispetto. Sensibilizzate un ragazzo con la lagnosa educazione civica somministrandogli informazioni ambientali e articoli della Costituzione e avrete, certamente, un giovane saccente e moralista che pur non sapendo niente guarderà tutti dall’alto in basso e disprezzerà i suoi maggiori che hanno rovinato il mondo mentre lui con la sua “sensibilità” sa come si fa a costruire un “mondo migliore”. Eccovi presentata l’ora di educazione civica.
Ciò che mi ha sempre colpito della scuola, della pedagogia, della didattica è che tutti coloro che sono al governo o che passano da quelle parti ne parlano come se sapessero di cosa stanno parlando ma è del tutto evidente che non ne sanno nulla. L’idea più diffusa che si ha della scuola è la “scuola guida”. Si ritiene che insegnare equivalga ad addestrare, proprio come avviene in un’agenzia di scuola guida in cui, con la pratica, si acquisiscono le abilità della guida e s’impara la segnaletica. Così quando ci si trova dinanzi a problemi o questioni o enigmi o misteri o tragedie o miti di natura sociale – l’inquinamento, i femminicidi, il clima, la corruzione – la cosa più semplice che salta in mente è affidarsi alla scuola che con una o più ore settimanali di indottrinamento di non si sa che cosa renderà tutti più sensibili e come per incanto il problema sarà risolto. E, invece, siccome la scuola non è una “scuola guida”, non solo il problema non è risolto ma è aggravato. La scuola, infatti, non è un corso di addestramento ma “educazione alla vita attraverso la cultura”.
Dunque, il fine stesso dell’insegnamento scolastico non è – per quanto possa sembrare incredibile – la cultura ma l’educazione e l’educazione – ossia sapersi condurre nel mondo – si ottiene, alla meno peggio, da un lato attraverso la cultura che dovrebbe essere l’insegnamento di poche e scelte “materie”, e dall’altro con l’esperienza e gli errori della vita stessa. Ma la scuola italiana è una scuola “dottorona”, come la definiva Salvatore Valitutti. Una sorta di accademia in cui si ha la pretesa di insegnare lo scibile umano e alla fine non s’insegna nulla perché, come è noto dal tempo dei tempi, chi troppo vuole nulla stringe. Le materie d’insegnamento in un istituto di secondo grado sono tredici o forse più. Un’enormità. Ora a questo vanitoso enciclopedismo bisogna aggiungere la vecchia e nuova materia: educazione civica. La quale, però, non ha un insegnante di riferimento: tutti i professori e tutte le professoresse sono tenuti a cedere delle ore per progetti e lezioni riguardanti l’educazione civica.
La novità del nuovo anno scolastico è che l’educazione civica sarà obbligatoria e ci sarà anche il voto in pagella. Tuttavia, nessuno ancora sa bene come davvero funzioni e il ministero dovrà ricorrere alla solita circolare con la quale spiegherà ciò che neanche al ministero sanno. Come si può intuire e senza falsa modestia: la mia spiegazione è la vera lezione di educazione civica. L’approssimazione, l’improvvisazione, l’impreparazione, l’ignoranza e allo stesso tempo la prosopopea e la boria e la saccenteria del sistema scolastico italiano sono il vero male italiano: nessun governo è in grado di porvi rimedio proprio perché il male consiste nel credere che un potere di ordine temporale possa risolvere un problema di ordine spirituale.