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Macché virus: l’emergenza serve a Huawei

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E se avessimo presi tutti un abbaglio? Non potrebbe essere, voglio dire, che la proroga dello “stato d’emergenza” fosse funzionale al Presidente del Consiglio, che tanto ha insistito per ottenerla, non per gestire in solitario gli effetti di un virus che non c’è più, come tutti abbiamo pensato, ma per portare a termine qualche affaruccio di tutt’altro tipo restato in sospeso, qualche impegno preso ma controverso all’interno dello stesso esecutivo? A pensar male, certo, si fa peccato, ma, come sapeva quel tale politico, è facile che si colga nel segno.

Che la nostra supposizione abbia una qualche plausibilità, lo si evince dalla forma e dal modo con cui, il 7 agosto, si è dato via libera ad Huawei per partecipare ai bandi connessi alla gestione da parte di Tim della rete del 5G. La forma è quella, di dubbia costituzionalità, dei Dpcm, che, come è noto, complice lo “stato d’emergenza”, non passano al vaglio del Parlamento e nemmeno dei ministeri competenti; il modo è quello che a Napoli si chiama, con efficace espressione, “aumm aumm”, cioè di nascosto, senza nessuna pubblicità (che è un paradosso per un governo che vive sulla comunicazione), inserito in un insieme più vasto (ed esso sì ben pubblicizzato) di provvedimenti di tutt’altro tipo.

Se a questo aggiungiamo che il governo ha bloccato la partecipazione di un fondo privato americano che Tim aveva individuato per ottenere capitali da investire nella rete, e nello stesso tempo ha manifestato a più riprese la voontà di fare entrare lo Stato nella gestione della stessa attraverso la solita Cassa Depositi e Prestiti, ci rendiamo conto che il tanto invocato “interesse nazionale” funziona solo con gli alleati americani ma non con i cinesi. È come se nella lotta globale fra le due superpotenze noi avessimo scelto non quella che è stata la nostra partner da sempre nel dopoguerra, garantendoci benessere e facendoci conoscere la libertà, ma quella che sistematicamente viola i diritti umani ed è un esempio paradigmatico di “società chiusa” e illiberale. E con la quale, non dimentichiamolo, la Casaleggio e associati è da sempre in affari, vedendovi anche un esempio di società coesa e ben organizzata da imitare senz’altro.

Chi ha preso queste decisioni? In base a quale delega popolare? E a quale idea di “interesse nazionale”? Tutte risposte che il governo dell’“aumm aumm” non può non darci. Così come dovrebbe spiegarci perché tutto questo avviene proprio nel momento in cui l’amministrazione americana ha avvertito gli alleati del pericolo cinese connesso al 5G, che come è noto trasporta dati ipersensibili per la sicurezza nazionale, e la Gran Bretagna non ha esitato un attimo a sconfessare accordi già presi con la Cina rendendosi conto che ci sono valori di fondo su cui non è dato transigere. E non c’è da illudersi che, qualora i democratici vincessero le elezioni per la Casa Bianca, l’amministrazione americana cambierebbe rotta e sarebbe più tollerante con gli alleati “infedeli”: la lotta con la Cina è strategica per l’americana e continuerà senza dubbio, e il governo giallo-rosso rischia di passare alla storia come quello che ci ha consegnato ai comunisti cinesi.

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