Sulla questione dei cantieri di Saint Nazaire la prima risposta che verrebbe ad ognuno di noi è quella, semplifichiamo, di «fargliela pagare» ai francesi. Ne avremmo tutte le ragioni.
Avevamo stipulato ad aprile un contratto per il quale il 66% di Stx France sarebbe passato dal fallimentare proprietario sudcoreano a Fincantieri. Avevamo garantito occupazione e riservatezza (peraltro, se c’era da comprometterla, era ben più grave il suo precedente proprietario asiatico).
Eppure Macron, con un decretino presidenziale, cancella tutto, nazionalizzando la società e portandola così nelle disponibilità dell’Eliseo.
Roba da non credere.
Per la verità, solo un anno fa i privati di Vivendi avevano fatto la stessa cosa con Mediaset, non rispettando un contratto firmato per comprarsi Mediaset Premium. Ma, in quel caso, agendo in Italia, non hanno potuto far di più. Anzi, oggi sono in un cul de sac.
Macron Bonaparte
Macron è in perfetta linea con il modus operandi della politica francese. Undici anni fa furono due «liberali» come Chirac e De Villepin a impedire all’Enel di conquistare una parte dell’energia francese.
In questo ultimo caso il comportamento è ancora più grave. Non è il sistema, con la regia della politica, che fa blocco. Ma è la politica in prima persona che interviene e compra.
Siamo seri: di nazionalizzazioni non si sentiva parlare in Europa dai tempi di Mitterrand e solo per le banche, con grandi malumori, se ne è discusso recentemente.
A ciò si aggiunga, particolare omesso il più delle volte, che si tratta di un affare da 80 milioni: nulla. Abbiamo già descritto la mole di shopping francese realizzata in Italia: di tutt’altro rilievo. Sia strategico, sia dimensionale.
Telecom è un colosso da miliardi, così come Luxottica (solo i canarini credono che sia ancora italiana), Edison, Parmalat, Bnp Paribas (pensate un po’ voi, consulente degli italiani per la conquista di Saint Nazaire). Le nostre due istituzioni finanziarie più importanti (Generali e Unicredit) sono guidate da francesi.
Insomma, c’è tanta legna per far ardere il sentimento nazionale, l’orgoglio della risposta. E ci sarebbero molti mezzi per farlo. Il più semplice sarebbe il lodo Recchi. Il manager, con un passato in General Electric e dopo la presidenza dell’Eni, è passato con ruoli presidenziali in Telecom.
Con l’aumento dei poteri dei francesi, le sue deleghe si sono assottigliate, ma non fino al punto di escluderlo da alcuni settori strategici per il paese e riservati ai manager italiani come Sparkle.
Il governo potrebbe, con poco costo, allungare la lista dei settori e dei ruoli di interesse strategico, magari copiando proprio i protocolli francesi. Mettendo così nel freezer le velleità di conquista da parte di soggetti non graditi.
Ma è davvero questo ciò che vogliamo? Se ci fermiamo un attimo e pensiamo in modo lucido, davvero crediamo che la risposta migliore allo schiaffo francese sia quella di chiuderci ancora di più?
Grazie ai francesi società mini della moda italiana sono diventate globali, continuando a produrre da noi. Discorso simile per l’alimentare. Il club dei manager globalizzati è senza cuore, certo, ma anche senza patria.
Purtroppo l’Italia in Europa, sia dal punto di vista geopolitico sia da quello economico, gioca ormai in serie B. Spiace dirlo, ma non è sbraitando che si può scalare il girone. Potrebbe dare uno schiaffetto ai francesi e tutti ne godremmo. Il governo ne avrebbe un buon effetto nei sondaggi.
Gli editorialisti che fino a ieri dipingevano Macron come favoloso europeista (ad averne, scrivevano) e che nel giro di una settimana lo stanno criticando aspramente, plaudirebbero alla risposta coraggiosa del governo italiano.
Piccoli Rambo
Diciamo la verità, piacerebbe a tutti, ci sentiremmo dei piccoli Rambo che gliela fanno pagare per il torto subito, anche perché noi, cioè Rambo, siamo tosti e resistiamo a tutto. L’atteggiamento più utile temiamo non sia però questo.
Dovremmo piuttosto imparare dai francesi, sì proprio da loro, come fare sistema. Come stare sui dossier. Come tessere alleanze. Dovremmo combattere in Europa, dove abbiamo qualche posizione di forza, conoscendo le sfide e facendo i compiti.
È su un piano più sottile che «dovremmo fargliela pagare»: capendo quali sono i lati deboli dei francesi e su quelli contrattaccare.
In un Paese serio la politica, gli alti burocrati, i funzionari europei, lavorano tutti per andare nella stessa direzione. Formano un network di persone che, indipendentemente da idee politiche e storie personali, pensa all’Italia, innanzi a tutto.
Nicola Porro, Il Giornale 29 luglio 2017