In realtà, in una vera democrazia liberale quanti competono per il potere non si dividono in eletti, da una parte, e dannati, dall’altra. Se i secondi ottengono voti, vuol dire che vengono incontro a interessi, bisogni, paure – ossessioni, se si vuole – che sono da tenere in seria considerazione giacché si richiamano pur sempre a valori diversi ma tutti in sé rispettabili (anche se i modi per metterli in pratica trasformano il vino in aceto). In una società aperta, non si vince mai per ko ma solo ai punti. Avrei preferito Macron a Le Pen non perché la seconda è una creatura satanica (come credono al “Foglio”) ma perché, pur non nascondendomi le poche buone ragioni del Rassemblement National, il Presidente uscente mi dava più affidamento in politica estera, oggi divenuta di cruciale, drammatica, importanza.
Sono disposto ad ammettere che i populisti e i sovranisti italiani – per i quali non ho mai votato -ingenerino non poche riserve ma i loro avversari sono forse migliori? Discendono dai lombi di Cavour, di Giolitti, di De Gasperi? Ormai persino nei salotti liberali fare i nomi di Matteo Salvini e di Giorgia Meloni è come fare il nome di Silvio Berlusconi negli stessi salotti di trent’anni fa. Non parliamo dei Dipartimenti universitari. Se si chiede, però, quali battaglie sovraniste sono intollerabili per un paese civile – quando non si tirano in campo le solite politiche di limitazione dell’immigrazione, ribadite da Trump come da Biden, che non ha tolto un mattone dal muro fatto costruire dal primo – si ottengono risposte vaghe e generiche che alludono a presunti razzismi (sull’antirazzismo leggere il grande Pierre-André Taguieff), alla persecuzioni dei “diversi”, alla bocciatura – che peraltro ho salutato con un sospiro di sollievo della legge Zan, all’apologia di fascismo (che spesso consiste nel riproporre verità scontate per la storiografia revisionista).
Vero è che lo snobismo etico-estetico con cui si guarda alla destra italiana ha una sua funzione precisa: quella di farci sentire parte di una “comunità di linguaggio” che ci consente di venir tollerati (se si è liberalconservatori) nei circoli che contano.
Dino Cofrancesco, 27 aprile 2022