Nel giorno in cui gli Stati Uniti hanno aperto all’impiego delle armi nucleari contro la Russia, comprensibilmente preoccupa la volontà di Macron, della Turchia e della Grecia di organizzare una “missione umanitaria” per evacuare i civili da Mariupol. Messa in questi termini, non sembra un’operazione che ha a che fare con le manovre belliche in atto in Ucraina. Tutto pacifico, niente armi, niente militari infiltrati sul campo. In questo conflitto, però, qualunque mossa può provocare un incidente e, a sua volta, innescare un’escalation. E il rischio è tanto più concreto, quanto più Vladimir Putin dovesse patire insuccessi sul campo e sentirsi accerchiato (non si trascurino le indiscrezioni su un ipotetico golpe, organizzato da ambienti dei servizi russi).
Macron e la missione a Mariupol
Ora, indubbiamente a Mariupol è in corso un massacro. E salvare la popolazione inerme e incolpevole è un’assoluta priorità. Emmanuel Macron, ieri sera, ha spiegato di aver discusso della possibilità di organizzare l’intervento umanitario con il sindaco della città e con il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, dal cui entourage, intanto, è giunta all’Italia la richiesta di farsi garante della sicurezza del Paese invaso all’Onu. Macron assicura che “poi negozieremo con la parte russa”. Sarebbe un contributo importante, visto che i colloqui tra le delegazioni dei Paesi belligeranti sono a un punto morto, benché Mosca avrebbe ridimensionato le proprie mire espansionistiche, avendo sostanzialmente assicurato di puntare soltanto ad annettersi il Donbass e desiderando essa chiudere le ostilità entro la prima decade di maggio.