Sapevate che la Turchia è il secondo paese esportatore di serie tv al mondo? Seconda solo agli Usa, le sue telenovelas e soap opera raggiungono in media 700mila spettatori nel mondo. Se in Italia i possenti muscoli di Can Yaman sono noti a tutti e turbano i sogni delle nostre casalinghe, nei paesi islamici è il mondo turco portato per immagini ad affascinare.
Un paese musulmano “moderno” che tenta di conciliare anima storica, vita postmoderna e ritrovate ambizioni neo-ottomane. In particolare è nei Balcani e nel Caucaso che tale influenza viene esercitata, luoghi un tempo dominati dai turchi e nei quali il signore di Ankara (Erdogan) vorrebbe tornare ad esercitare un ruolo dominante. I Balcani hanno costituito nella storia la porta d’accesso al cuore dell’Europa, quello stesso cuore colpito a morte dalle invasioni ottomane, bloccate con una carica di cavalleria leggendaria a Vienna nel 1683.
Allo stesso modo la Turchia aspira a divenire il punto di riferimento del mondo islamico sunnita, in una tremenda lotta per rubare lo scettro della “purezza” ai sauditi, in alleanza con il Qatar e l’Iran fondamentalista sciita. Un mondo islamico diverso, dove gli uomini non portano più necessariamente le barbe ma anzi vestono firmato e vanno in palestra. Un Islam nuovo, postmoderno, ma con la stessa feroce anima repressiva.
Gli strali lanciati contro la Francia dopo la pubblicazione delle vignette di Charlie Hebdo in cui si ironizzava sul Profeta rendono manifesto lo stesso cuore intollerante tipico dei regimi teocratici.
Proprio alla Turchia guardano oggi molti musulmani estremisti; la re-islamizzazione della Basilica di Santa Sofia ad Istanbul operata da Erdogan nel 2020 è parsa come la più potente immagine di un Islam trionfatore paragonabile alla presa di Costantinopoli nel 1453 da parte degli stessi turchi.
Gli attentatori francesi, come quel ragazzo che tagliò la testa al suo professore di scuola reo di aver mostrato in classe le vignette incriminate per intavolare una discussione, guardavano alla Turchia come paese ispiratore, non alle monarchie saudite, ormai percepite come corrotte e alleate dei demoni americani. Gli stretti legami tra Turchia e Fratelli musulmani sono noti, così come il ruolo di Ankara nel controllo dei flussi migratori in Tripolitania (smettiamola di dare la colpa solo agli schiavisti libici…).
In tutto questo l’immagine della Turchia che promana dalle serie tv che anche noi possiamo vedere è quella di un paese moderno, soleggiato, dove si vivono storie romantiche, i figli si emancipano dai genitori, gli uomini sono fighi come Can Yaman ed è possibile accarezzare i gatti per le strade. Un nuovo modello di nazione islamica viene proposto allo sconfinato pubblico di fedeli nei più reconditi paesi musulmani (e occidentali) che guarda avidamente le soap turche doppiate in arabo. Così come ai musulmani che abitano nei paesi balcanici, assai vicini alla Turchia per storia e contaminazioni culturali.
Nella lezione di Joseph Nye il soft power accompagna sempre l’hard power, quello militare. Essi vanno di pari passo. Nulla viene fatto a caso, neanche le telenovelas.
Francesco Teodori, 29 maggio 2024
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