Non c’è cosa più patetica e insopportabile di quelli che quando compiono gli anni dicono “tanti auguri a me”, e dove c’è il patetico insopportabile Saviano non può mancare: difatti si spara un colossale tanti auguri a me, però più tronfio e più vittimistico, secondo personaggio. Sono 45, come passa il tempo, senonché l’eterno ragazzo sotto scorta sta invecchiando male, sembra il gemello anziano di Giobbe Covatta. Anche la prosa ammuffisce, Saviano essendo un megalomane che si crede un romanziere, un narratore; quando di romanzato c’è appena la mitologia di uno inventato dalla Mondadori di Gian Arturo Ferrari che traendolo da Nazione Indiana gli cucì addosso l’aura del martire di camorra a mezzo di mattone largamente copiato, come stabilito dalla magistratura, sulla quale il nostro scugnizzo antimà sta campando da quel dì: il resto sono altri mattoni, parolati, vergati, audiovisivi di regolare inconsistenza e inesorabile flop, ultimo dei quali l’ennesimo pippone sulla mafia che neanche sotto minaccia mafiosa il grato pubblico si è rassegnato a seguire.
Tutti i “Salvini mala vita”, “Meloni bastarda” hanno lasciato il tempo che trovavano, hanno stufato come consunta è la strategia del martirologio parossistico. Bob Saviano si celebra da egocentrico ottocentesco, “L’infelicità me la sono conquistata” e in questo passaggio da Lialo civile, da Francesca Bertini della presunta legalità c’è del vero, sfugge da un fianco la sincerità tradita di chi ha fatto di tutto per conquistarsi la visibilità che si traduce in affari. Ma il chiagne e futte del martire contro il “governo banditesco” ormai non incanta più, se banditesco è, è tuo sodale visto che ti lascia fare quello che vuoi e, crediti pure, in tempi di Prima Repubblica, quando c’erano i criminali veri disseminati per lo Stato, tu duravi lo spazio di un mattino.
Ma la stiamo facendo lunga per uno che alterna Mozart a Murolo, uno che lamenta la “vita infelice della mia famiglia cui non posso rimediare”. Con tutti i soldi che hai intascato? Regalagli pure a loro un appartamento su Central Park, no? L’onanismo celebrativo di Bob l’amerikano suona falso come la Baronessa Siringa, come l’auto elettrica, come le minacce della camuorra; è cattiva, cattivissima sottoletteratura, antiletteratura di un piccolo borghese che conclude con la mala citazione di Guccini, “e a culo tutto il resto”, ma ci mette l’asterisco, chissà poi a significare cosa. Da mestierante perbenista che non ha il coraggio del suo inchiostro.
Questo è uno che da quasi vent’anni non dice niente, lo dice male e ci campa, ma celebrarsi in un modo tanto enfatico la dice lunga sulla fabbrica di miti di questo tempo inutile, anche se la sua costruzione è partita prima degli influencer. Ecco, Roby può essere visto come lo zio, oramai, di tutti gli influencer, fuffa purissima, improntata a lamento ringhioso, rivendicativo, sindacale, imbarazzate solo da scorrere: ma come fa uno di 45 anni a scriversi addosso roba come questa, “ogni osteopatia che mi sfiora non trova un corpo ma armatura”? Cose che uno scrittore vero non si sogna neanche a 15 anni, figuriamoci in età della ragione e oltre.
Sì, la tua tristezza o infelicità allo specchio te la sei conquistata, ma non la merita chi da quasi venti anni subisce le tue intemerate fuori tempo, contesto e testa, definire la Meloni, che non fa del male a nessuno, che a parte il normale nepotismo di quelli assurti a comando ed effimero comando non ha alcun potere reale, bastarda, stragista e poi nascondere l’intenzione, giocarci sopra per un altro programma che nessuno guarda, un’altra ospitata di cui a nessuno importa. E celebrarti come un Cristo in croce non è più patetico e neppure grottesco: è da mitomane. Diremmo che nella vita ti è andata fin troppo bene, che di gente che scrive in modo pessimo, melodrammatico come te ce n’è a un soldo la dozzina ma tu solo hai saputo uscir fuori, come anello di congiunzione tra Mondadori e Feltrinelli, Berlusconi e antiberlusconi, le furbate bene orchestrate di tutti quelli che gridavano al regime ma si vendevano l’anima per farne parte.
Saviano contro il potere, non fa ridere: fa scompisciare. Uno imposto dappertutto, in tutti i convegni, le edizioni, le televisioni del regno. E ancora ha la faccia di definirsi un emarginato, uno nel mirino delle forze avverse?
Siamo al ridicolo involontario ma prepotente e a questo punto Bob l’Amerikano o si dà fuoco come un bonzo, o sarà difficile risalire la china dell’oblio. Saviano ha creato o è stato creato come un archetipo, ma altri vittimoni di professione, altre facce di tolla incalzano, più giovani e perfino più impuni: ormai dare della bastarda alla Meloni e poi protestare, rivendicare l’impunità dello “scrittore” è uno sport nazionale, lo fanno i senatori come Canfora o Augias e i rincalzi come Raimo e Scurati, lo fanno all’occorrenza perfino le signorine di onlyfans quando sono a corto di luce riflessa. Tocca inventarsi altro, ma uno come Saviano è personaggio che si divora, uno che si è fatto feticcio da sé, se gli togli la megalomania narcisistica svanisce e allora tanti auguri a te, ma che non diventi l’ennesima condanna, l’ennesima minaccia, questa sì reale, per tutti noi.
Max Del Papa, 23 settembre 2024
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