di Salvatore Di Bartolo
“Nella primavera del 1991 venne a trovarmi Carlo De Benedetti con cui avevo un rapporto di amicizia, anche se la pensavamo in modo diverso. In pratica mi spiegò che con altri imprenditori legati al salotto buono di Enrico Cuccia voleva modificare gli assetti politici del Paese e spostarli verso i post-comunisti che al congresso di Rimini, in febbraio, avevano fondato il Pds e si erano convertiti su posizioni riformiste”.
Parole e musica di Paolo Cirino Pomicino, che in un’intervista rilasciata al Giornale rivela il piano segreto dell’élite industriale attuato per sovvertire l’ordine democratico esistente attraverso l’azzeramento della classe politica del tempo con una (falsa) rivoluzione giudiziaria.
Dopo la caduta del Muro di Berlino, e con esso degli equilibri venutisi a creare nel 1945, il quarantennale schema Democrazia Cristiana al governo e Partito Comunista all’opposizione non aveva più ragione d’esistere. Occorrevano diversi schemi e nuovi referenti politici, e così il gotha dell’industria nazionale aveva deciso di svoltare a sinistra. “De Benedetti voleva cavalcare quei rivolgimenti – spiega l’ex Ministro Dc – e dunque mi lanciò l’idea: ‘Fai il mio ministro’. Fai tu il nostro industriale – replicai – capovolgendo la frittata, e chiamando in causa anche Andreotti. Insomma, la questione finì sul ridere, ma De Benedetti capì che non condividevo quel progetto. In seguito io condussi le mie verifiche – prosegue Pomicino – e scoprii che la trama c’era ed era molto articolata. Dunque, preoccupato ed inquieto, informai i capi della Dc ma ho sempre avuto il privilegio di non essere creduto e la cosa finì lì”.