Un giovane giornalista bolognese, Alessandro Massacesi, mi scrive questa lettera, molto interessante per il nostro dibattito sulla manifestazione di Milano contro il presunto razzismo che starebbe dilagando. Mi colpisce in particolare la sua intuizione semplice e sotto gli occhi di tutti: lo Stato, i politici, prima denunciano clamorosamente e poi però lasciano il lavoro sporco a noi cittadini e loro elettori. np
Milano, una manifestazione a favore dell’accoglienza, “People – Prima le persone”, decine di migliaia di persone, più di 200mila secondo gli organizzatori. Presenze importanti: il segretario uscente del PD Maurizio Martina, il nuovo segretario PD Nicola Zingaretti e il sindaco di Milano Beppe Sala, tra le fila dei manifestanti tutti i principali sindacati e alcune delle più grandi Ong che operano in Italia come Amnesty International, Emergency e Medici senza frontiere. Celebrata come una manifestazione di rivolta contro una “certa Italia” e un certo pensiero di intolleranza, l’evento è stato, a modo suo, un successo. E ora?
Non nascondo la mia distanza dalle tesi che vedono uno straripante razzismo in Italia. Da tempo ritengo che il razzismo sia oggetto di un’attenzione speciale dei media e ho sempre trovato sproporzionati l’uso del termine e la sua proliferazione rispetto al problema. Sono sempre più convinto che il razzismo, oggi, dovrebbe essere visto nell’ottica di una guerra tra poveri con una forte partecipazione di paure che si amplificano in un contesto d’instabilità italiana. Non sono nemmeno d’accordo con l’ennesima valutazione netta e roboante di Beppe Grillo, perché il tema del razzismo esiste o meglio, lo abbiamo sempre avuto, semplicemente lo abbiamo guardato poco. Con onestà possiamo ammettere che prima non ci interessava, valeva quel tanto che serviva per distinguere i buoni dai cattivi, ma la lente d’ingrandimento odierna ci dice che non sia così semplice questa divisione. Ci sono persone propense all’intolleranza, pur non essendo definibili nettamente come razziste, persone stanche, esasperate e lasciate sole, come ci sono ignoranti e intolleranti, figli di un malcostume mai sradicato. Grillo, come una parte del PD in passato, sembrano voler ignorare la totalità della realtà, preferiscono considerare solo la parte d’insieme che gli fa comodo, ma aldilà di queste posizioni mi chiedo: una manifestazione come quella di Milano che senso ha? Cosa ci lascia una volta passata la giornata e raccolti gli striscioni?
La mia idea è che ci stiamo abituando a celebrare delle vittorie di Pirro. Mettere le persone davanti alla politica è un bel concetto, nulla da dire, ma oltre questo? Condanniamo il razzismo e l’intolleranza, giustissimo, ma dopo cosa facciamo delle persone che arrivano in Italia?
Anche se volessimo vedere la questione su un piano esclusivamente politico, dovremmo comunque accettare che il precedente Governo, tanto quanto quello attuale, non si è minimamente mosso per dare soluzioni nuove o dei canali diversi per affrontare il problema. Abbiamo chiuso i centri di accoglienza, perché diventati un luogo di prigionia, almeno psicologica per le persone, senza contare i casi di estremo degrado e violenza che si svolgevano in alcuni di essi. Eppure, anche un gesto simile è risultato monco e non abbiamo trovato delle soluzioni alternative, abbiamo solo spostato le persone da dentro a fuori, come dei pacchi in un magazzino.
Vogliamo una maggiore libertà di accoglienza, che per inciso non è poi così cambiata a oggi, ma non ci poniamo il dubbio di come questa debba avvenire e ancora una volta gestiamo dei pacchi, li scarichiamo dalle barche nella speranza che qualcuno faccia qualcosa.
Di fatto giriamo sempre sulle stesse idee, ma non ci sono progetti, non ci sono strategie, continua a non esserci un reale interesse al tema migrazione. Lo Stato, in ogni sua declinazione politica, è forse il più colpevole, preferisce lasciare la faccenda nelle mani dei cittadini, dirsi vicino a loro, ma non offre risorse o mezzi, semplicemente non si espone, evitando qualunque rischio di fallimento. Quindi che dovremmo fare? Marciamo, lo capisco, ma per andare dove?
Ci sono state tante voci su Milano, ognuna con qualcosa da dire, ma io non ho sentito niente di nuovo. Nessuno ha detto basta a razzisti e anti-razzisti, nessuno ha detto a che Governo e opposizioni nicchiano, nessuno le ha esortate ad esporsi, nessuno ha parlato dei tantissimi italiani che, nel loro piccolo, stanno già facendo molto per confrontarsi con gli stranieri.
Da cittadino io mi domando queste cose, mi interrogo su cosa fare per cambiare le cose, nel mio piccolo, nel mio quotidiano e nel mio lavoro, pur sapendo che non basta, ma soprattutto mi chiedo: quale valore potremmo mai dare a una piazza che marcia, ma sembra non sapere dove andare?
Alessandro Massacesi, 4 marzo 2019