Politica

Manovra da “destra sociale”, ma almeno senza patrimoniale

Immagine generata da AI tramite DALL·E di OpenAI

Come annunciato già nelle scorse settimane dal Mef, il taglio del cuneo fiscale per i redditi fino a 35mila euro, introdotto temporaneamente nel 2023, diventerà strutturale con la prossima Legge di Bilancio. Contestualmente, diventerà strutturale anche l’accorpamento delle aliquote Irpef articolata su tre scaglioni già in vigore nell’anno in corso: 23% per i redditi fino a 28mila euro, 35% fino a 50mila e 43% oltre questa soglia.

Le due misure in questione, conferma della decontribuzione e Irpef a tre aliquote, varranno da sole quasi la metà dell’intera manovra (in tutto vale circa 30 miliardi): 9,4 miliardi di euro il taglio del cuneo fiscale e 4 miliardi la rimodulazione dell’Irpef. La conferma del taglio del cuneo fiscale manterrà dunque inalterati i vantaggi per i redditi fino a 35mila euro, sebbene questi dovrebbero essere ottenuti in maniera diversa rispetto all’anno in corso, ovvero, con un nuovo mix fra tagli contributivi (per i redditi fino a 20mila euro) e aumenti alle detrazioni sul lavoro dipendente (dai 20mila euro in su).

Comunque sia, il valore finale del bonus non subirà variazioni, e comporterà per i lavoratori un beneficio medio in busta paga di circa 100 euro mensili. La Manovra dovrebbe inoltre introdurre un ulteriore sgravio fiscale decrescente per tutti quei redditi fino a 40mila euro, al fine di evitare che al di sopra della soglia limite dei 35mila euro il lavoratore possa perdere fino a 1200 euro l’anno di beneficio fiscale.

Per quanto concerne invece l’Irpef, se le risorse in arrivo dal concordato preventivo e dal ravvedimento collegato dovessero essere sufficienti, il governo potrebbe tagliare di due punti percentuali l’aliquota intermedia (prevista per i redditi dai 28 ai 50mila euro), che passerebbe così dal 35 al 33%. A tal proposito, è già stata inserita una norma gancio nel decreto fiscale collegato alla Manovra, sebbene per completarla manchino ancora all’appello 1,5 miliardi di euro, fondi che, come detto, il governo conta di reperire dal concordato.

Con queste misure l’esecutivo compie un ulteriore passo in avanti per colmare l’enorme divario esistente tra costo del lavoro per il datore e netto percepito dal lavoratore (attualmente tra i più alti in assoluto fra i Paesi dell’Ocse), e rafforzare le buste paghe dei lavoratori dipendenti. La combinazione del taglio del cuneo fiscale con la rimodulazione dell’Irpef produrrà infatti un effetto migliorativo sulla busta paga mensile di ogni lavoratore compreso tra i 70 ai 120 euro.

In soldoni, ciò equivale a dire: taglio strutturale a beneficio del lavoro dipendente e aumenti stipendiali. E soprattutto niente nuove tasse. E soprattutto senza patrimoniale. Con buona pace di quanti avevano frettolosamente accusato l’esecutivo di voler mettere le mani nelle tasche dei cittadini.

Salvatore Di Bartolo, 17 ottobre 2024

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